Oltre due mesi di trattative per individuare una figura autorevole, ma “terza” e, soprattutto, in grado di garantire l’unità di intenti di M5S e Lega senza però far prevaricare nessuno: alla fine, è stato indicato a Sergio Mattarella Giuseppe Conte, ordinario di Diritto Privato all’Università di Firenze. Solo che l’atteso via libera del Capo dello Stato, su cui i leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini non sembravano avere dubbi, non è arrivato. E, con ogni probabilità, non arriverà. Perché sul candidato premier Giuseppe Conte è scoppiata una mezza “bufera”: di mezzo, sembra, ci sia, come scrive La Repubblica, un curriculum eccessivamente ampliato.
L’anomalia: un governo politico guidato da un tecnico
Ma, soprattutto, al presidente della Repubblica non va giù che un Governo politico possa essere guidato da un tecnico. Da un esperto di diritto, fuori però dai meccanismi – non scritti – che regolano la formazione delle leggi. Tanto è vero che sta prendendo tempo; stavolta è lui a chiedere di pazientare alla coppia Di Maio-Salvini, dopo che nei giorni scorsi era accaduto il contrario.
Sulle leggi da approvare, il professor Conte sembrava avere comunque le idee chiare: nel corso della presentazione del futuro Governo del M5S, il docente accademico aveva espresso l’ambizione di semplificare il «farraginoso» quadro normativo italiano e di combattere “l’ipertrofia normativa”; di censire le norme, per spazzare via quelle “inutili”; di semplificare la macchina burocratica dello Stato; di riassettare le autorità indipendenti; di rivedere le regole anticorruzione e la “valorizzazione della meritocrazia”, andando anche a riqualificare il personale pubblico”.
Ma, soprattutto, quello che interessa di più i nostri lettori, il professor Conte ha detto a chiare lettere che sarà “fondamentale rivedere integralmente la Buona Scuola”. Tornando, quindi, ad un’espressione più decisa di quel “superare” la Legge 107/15, che il M5S ha invece adottato negli ultimi giorni.
E ora?
Cosa accadrà ora è tutto capire. Secondo i cronisti dell’Ansa, Mattarella, nel verificare il profilo del candidato premier, ha scelto di prendersi tutto il tempo necessario: il prescelto non dovrebbe essere convocato al Quirinale per il conferimento dell’incarico prima di giovedì 25 maggio.
Anche perchè la “bufera” su Conte, che si somma ai dubbi sull’82enne Paolo Savona, il prof anti-euro indicato dalla Lega per il ministero dell’Economia, fa traballare l’intesa giallo-verde.
Il 22 maggio, Di Maio e Salvini si sono incontrati a pranzo, in una mensa nel centro di Roma. “Non sanno che inventarsi”, sbotta Di Maio quando al termine dell’incontro gli chiedono delle polemiche su Conte. Mentre Salvini difende a spada tratta Savona: “Mi piacerebbe molto, sarebbe una garanzia per gli italiani”.
Torna in auge l’ipotesi Di Maio come premier: no di Salvini
Intanto, c’è un’ipotesi che torna a farsi largo tra i Cinque stelle: se Conte non regge allo ‘stress test’, meglio tornare al nome di Di Maio per Palazzo Chigi. Alla Lega, magari con un dirigente come Giancarlo Giorgetti, potrebbe andare l’Economia e altri ministeri di peso.
Matteo Salvini, però, “ripete” il suo no fermo alla premiership ‘stellata’. Il leader della destra, infatti, avverte: “Noi abbiamo fatto tutto il lavoro e gli sforzi possibili, siamo pronti. Non c’è tempo da perdere: o si cambia l’Italia, o si vota. Così governiamo noi con la maggioranza assoluta”. Certo, i sondaggi indicano la Lega come l’unico partito ad avere conquistato favori rispetto al 4 marzo scorso: solo che anche il 25%, dove ora sarebbe collocato, non gli basterebbe di certo.
Il toto ministri: chi andrà all’istruzione?
A questo punto, tutte le ipotesi tornano in ballo. Anche la squadra dei ministri, su cui M5s e Lega continuano a trattare. Gli schieramenti, comunque, per rispetto delle scelte in mano al Capo dello Stato, precisano: “I nomi al Colle li farà il premier incaricato”. Peccato che la lista dei ministri, almeno del M5S, sia stata preparata e resa pubblica dalla fine di febbraio. Ricordate, a tal proposito, il dirigente scolastico Salvatore Giuliano, preside del Majorana di Brindisi?
Quel che rimane probabile è che la “poltrona” di viale Trastevere vada comunque ad un “grillino”: sarebbe difficile, con un leghista a capo del Miur, varare certe norme. In ogni caso, l’impressione è che mai come oggi possa tornare utile il vecchio detto del Vaticano: “Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale”.