“Quando arrivano qui gli mostriamo una cartina e gli indichiamo dove si trovano: sud della Sicilia, provincia di Ragusa. Restano smarriti perché pensano di trovarsi in un altro posto. Ma hanno un grande entusiasmo: vogliono imparare l’italiano e noi siamo contenti di aiutarli”: questo il racconto di Enzo Inì, il gestore del bar di Pozzallo, in provincia di Ragusa, nell’estremo sud-est dell’Europa dei banchieri ma anche dei popoli che appena un secolo fa, nel 1914, vennero in guerra.
Il redattore sociale racconta che sabato, questa sorta di “caffè letterario” insulare e di frontiera ha festeggiato sei anni dall’apertura.
E nel corso dei festeggiamenti i proprietari, Mario De Benedettis e Enzo Inì, hanno brindato coi venti migranti e poi hanno ballato per tutta la notte e mangiato. Mamadou, 24 anni, ha infine preso la parola e ha letto una lettera, con un italiano impeccabile: “Voglio dirvi grazie, i pozzallesi sono stati molto umani. Grazie mille” ha scandito emozionato.
“Voleva studiare sempre, faceva tantissime domande” dice Saida Colombo, 21 anni, iscritta in psicologia a Enna. Chissà cosa ha provato a essere dall’altra parte della cattedra: fino a pochi mesi fa era insegnante di inglese in Gambia e giornalista. Finì sotto i riflettori del ministero dell’Istruzione del suo paese per i temi che assegnava agli alunni: chiedeva di parlare del Governo e gli studenti scrivevano in libertà. Il metodo d’insegnamento non piacque e Mamadou fu costretto a partire. Raggiunse la Libia e arrivò in Sicilia. Ora sta scrivendo un libro sulla sua storia e la dedica ai ragazzi che lo hanno aiutato è scontata.
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