I lettori ci scrivono

A proposito dei fatti di Firenze

I commenti e le problematiche emerse per la rissa avvenuta fuori dal Liceo Classico Michelangiolo, appunto, di Firenze non si placano.

La questione è diventata di ordine nazionale e tutti ancora ne parliamo. Anch’io, da vecchio preside in pensione, voglio dire la mia.

La vicenda è riprovevole sotto tanti punti vista, dal politico al sociale all’educativo. La prima cosa che mi balza all’attenzione è come è possibile che ragazzini di 14, 15, 16 anni siano così violenti, gli uni contro gli altri. Come è possibile che l’appena fiorire della coscienza e conoscenza politica si trasformi in violenza fisica, che fa muovere le mani e altro, tale da correre il rischio di far veramente fisicamente male agli altri, in grado, cioè, di provocare lesioni gravi da ricovero in ospedale?

Ma perché li facciamo (o li fanno) crescere così violenti questi figli? La vita umana non conta più nulla?! L’odio prevale sull’educazione intesa come rispetto dell’altro. Cerchiamo le colpe che educativamente non si dovrebbero cercare, perché siamo tutti colpevoli.

Ma i fatti sono fatti e ciò che è successo, a posteriori, ci induce a fare riflessioni politiche, del tipo: come mai in questa nostra società, detta civile, avvengono fatti che di civile non hanno nulla? La politica fa muovere i sassi, figuriamoci se non fa muovere gli animi.

Ma la Politica vera, quella che vede nella Polis il modo migliore di governarla, significa l’amore per la propria città o patria (che ha per forza i confini). L’altra politica è quella che mi sembra, che non vede l’ora di menar le mani e questa non è politica, ma violenza e la scusa può essere una partita di calcio o rifarsi alla storia dove è piena la contrapposizione fra antagonismi. Ogni contrapposizione ideale, e ideologica, diviene pretesto per passare alle vie di fatto e dove tante volte ci scappa anche il morto. Questa volta non c’è scappato, deo gratias.

Ma, analizziamo i fatti: la colpa degli incidenti di chi è, perché poi alla fine di questo si discute. Ognuno ha il suo punto di vista e io ho il mio. Ed è quello che mi fa dire e pensare che il fascismo ha due colori: uno nero e uno rosso e non c’è nessuna differenza fra i due colori. Entrambi intolleranti della libertà di idee degli uni e degli altri. Ma mentre il fascismo nero è finito 80 anni fa e meno male che è finito, quello rosso non è mai finito e resuscita ogni volta quello nero che vorrebbe combattere, perché in realtà lo fa con cognizione di causa, dovendosi costruire un nemico che non esiste più e allora il fascismo rosso si deve inventare un nemico a ogni costo a cui addossare le colpe di tutto e resuscita il fascismo nero. Lo resuscita ad ogni piè sospinto e così lo fa ingrossare, anche se non temiamo mai più che si possa ripetere la triste storia di un brutto periodo politico durato un ventennio, 4 legislature dell’odierna vita politica italiana.

Or dunque: Quelli di destra volevano fare volantinaggio che è lecito in Italia, quelli di sinistra, chiamati Collettivo che richiama alla memoria il comunismo classico, gliel’hanno impedito con fare violento e così nasce la rissa. E meno male che non c’è scappato il morto. Cosa c’entra tutto questo con la nascita del fascismo? Certo che bisogna stare attenti a non far nascere il fascismo, tutti i fascismi, non solo quello nero, ma quello rosso, viola, azzurro, ecc. ecc.!

Certo, il Ministro poteva subito intervenire e condannare l’aggressione, come fenomeno violento, ma poteva farlo allora, anche il ministro Bianchi l’anno scorso per i fatti di Bologna. Nessun Ministro è intervenuto né allora, né adesso.

Ma questo cosa c’entra, e torniamo alla lettera Savino, col fatto, cioè, che una funzionaria dello Stato si metta a fare proclami e lanciare allarmi politici? A parte il fatto che il fascismo è nato con la marcia su Roma, non impedita dall’imbellità (da bellum, latino guerra), del Governo di allora, proseguito poi anche da fatti violenti esercitati contro gli oppositori, uno di questi procurò la morte dell’on. Matteotti, degnamente commemorato in ogni città, ma oggi fortunatamente non ci sono segnali così evidenti da deriva democratica da doverci preoccupare. Grazie a Dio, gli Italiani oggi sono così intelligenti, politicamente parlando, che possono ribaltare la situazione politica a una nuova tornata elettorale e non c’è pericolo che l’esercizio della democrazia possa essere impedito con la forza, perché succederebbe una guerra civile, sempre da scongiurare.

Ma torniamo al pensiero preoccupato della preside che fa il suo proclama, usando qualche termine non molto azzeccato (io riflettuta non l’avrei scritto): ma non è compito dei funzionari dipendenti statali fare politica dentro l’Istituzione, approfittando del ruolo.

Fuori dalla scuola, senza carta intestata e firma autografa e timbro dell’Istituto, poteva scrivere tutto quello che voleva, ma all’interno dell’Istituto no, non è il suo compito, non è il compito di nessun dipendente statale. Se tutti i dipendenti pubblici, specie quelli con alta responsabilità amministrativa, si mettessero a fare politica, l’Amministrazione Statale, scuola compresa, perderebbe il suo connotato istituzionale e si trasformerebbe in un secondo, terzo, ecc. Parlamento. Fuori dell’Istituzione si può fare tutto, non dentro.

Altro discorso è l’intervento del Preside del Carducci di Milano: quello sì che è valido pedagogicamente parlando, ed è anche doveroso, perché prende in esame un atto gravemente violento, successo nella sua istituzione e ammonisce ed educa chi di dovere che atti simili non sono significativi e identificativi di educazione alla democrazia, né al buon vivere sociale e civile.

Giovanni Cappuccio

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