“Io da presidente del Consiglio avevo preso l’impegno che non avrei tagliato di un euro la spesa in istruzione. E così ho fatto. La chiave è aggiungere, investire, non tagliare. Sembra rivoluzionario, ma se non lo fa la sinistra, chi lo fa?”
Parole che hanno dell’incredibile, anche tenendo conto che siamo in campagna elettorale.
Nel 2013 fu infatti proprio la “sinistra che aggiunge, non taglia” a proseguire l’opera meritoria della destra di Berlusconi-Tremonti, che aveva “congelato” il triennio 2010-2012 ai fini del passaggio stipendiale dei docenti (unica, lentissima progressione retributiva della categoria: si puntava a far risparmiare allo Stato parecchi miliardi di euro, secondo la relazione tecnica allegata alla legge, presentando il conto della “crisi” – come al solito – ai più deboli. Ma in modo molto astuto: il danno economico, gravissimo, era difficile da riconoscere).
La validità di quel periodo fu poi recuperata, sia pure sempre a spese del comparto istruzione (per il quale – governino la destra, la sinistra o i rivoluzionari “né a destra né a sinistra” – i giochi sono sempre a somma zero).
Il 2013 invece no: l’anno è ancora inutile ai fini della carriera. Di questo dobbiamo ringraziare il DPR 122/13, che continua a produrre ancor oggi i suoi nefasti effetti, ossia a determinare una perdita salariale che dipende dall’anzianità di servizio, ma che comunque è dell’ordine di migliaia di euro per ogni docente. Altro che un euro. Altro che rivoluzioni di sinistra.
In calce al DPR 122/13 la firma dell’allora Presidente del Consiglio dei ministri. E chi era mai costui? Letta.
E allora, per citare un altro grande Riformatore della scuola: Enrico, stai sereno.
Il personale della scuola, di cui voi politici vi ricordate unicamente sotto elezioni e il cui contratto è scaduto da 44 mesi, è sì sottopagato ma non è né stupido né immemore.
Anche se forse c’è chi pensa il contrario.
Ivan Cervesato
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