Nella parte finale di un articolo pubblicato nell’ottobre del 2006 sulle pagine de La Stampa. Massimo Gramellini scriveva: “Latino e greco sono codici a chiave, che si aprono soltanto con il ragionamento e un’organizzazione strutturata del pensiero. Insegnano a chiedersi il perché delle cose. Chi impara a districarsi fra Tacito e Platone assimila una tecnica che potrà applicare a qualunque ramo del sapere e della vita. Non è un caso se i migliori studenti delle facoltà scientifiche provengono dal liceo classico. Un tempo queste considerazioni abbastanza ovvie venivano fatte dai genitori, per convincere gli adolescenti riottosi a cogliere la vitalità latente di una lingua morta. Adesso si preferisce tacere, forse per rispettare il diritto dello studente a rovinarsi il futuro con le proprie mani”.