Qualche anno fa ci fu qualcuno che teorizzò, nell’ambito di un riordino delle scuole superiori italiane e della eliminazione dello studio della Costituzione, quello che è diventato così il paradosso della legalità e cioè“l’educazione alla legalità senza le leggi”.
Lascio ai lettori ai lettori il piacere della scoperta e, a scoperta avvenuta, sarà più chiaro perché è l’incipit di questo intervento.
Ero stato attirato dal titolo accattivante dell’intervento di Dino Caudullo che prometteva un parere legale sulla vexata quaestio dell’uso anomalo dei registri elettronici che si pratica dalla loro introduzione (peraltro mai diventata obbligatoria), ma che si teorizza anche nell’emergenza attuale.
Perché anomalo?
Perché un registro, quale che sia la sua natura, serve appunto a tenere traccia ma di quello per cui è stato concepito .
Nel nostro caso, nel caso del registro di classe, parecchi decenni fa, indubbiamente, in era non tecnologica ma di penna e calamaio.
Se si parla di pareri legali, però, non si possono ignorare le leggi anche se antiche ed anche se considerate superate.
Ai miei studenti di prima superiore spiego sempre che le leggi non si abrogano per desuetudine che, come capiranno anche i non esperti di materia giuridica, è il contrario della consuetudine.
Tradotto: le leggi ancorché antiche fintanto che non vengono abrogate devono essere rispettate.
Ed ancora: le consuetudini, ancorché moderne e tecnologiche, nella gerarchia delle fonti occupano l’ultimo posto della scala.
Leggere, come scrive Caudullo che “in quest’ottica (garantire il diritto allo studio) potrebbe essere letta la richiesta di alcuni dirigenti scolastici, di firma del registro elettronico da parte dei docenti impegnati nelle lezioni da remoto, anche per tracciare l’attività svolta e darle, sempre nei limiti delle norme esistenti, maggiore valenza.” pone il problema di capire quali siano le norme esistenti.
Infatti lo stesso Caudullo, nell’ambito del suo parere pro firma, non può non aggiungere “Sempre nei limiti delle norme esistenti”.
E uno si aspetta , perciò, la citazione di quali siano le norme esistenti.
Ho letto con attenzione il resto dell’articolo ma, ahimè, l’attesa è stata vana.
La materia della compilazione dei registri è regolata,come ho scritto, da norme non recentissime ma pur sempre vigenti e le indico al solo scopo di consentire, a chi lo voglia, di studiare e approfondire.
Per il registro di classe: art. 41 del R.D. n.965 del 1924, in cui si legge “ogni professore deve tenere diligentemente il giornale di classe, sul quale egli registra progressivamente, senza segni crittografici, i voti di profitto, la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni”.
Le assenze e le mancanze degli alunni: attiro l’attenzione di Caudullo e dei lettori su questo aspetto.
E’ di evidenza comune, suffragata anche dai dati statistici del monitoraggio effettuato in tutte le scuole d’Italia, dal MI qualche giorno fa, che una parte consistente di studenti di scuole di ogni ordine e grado non ha gli strumenti tecnologici per usufruire della DAD.
Essi sono assenti ma certamente non per scelta.
Se si accettasse l’idea di Caudullo che, tutto sommato, firmare male non fa si produrrebbero due effetti entrambi fortemente negativi.
Se le assenze non venissero registrate si commetterebbe un reato, il falso ideologico.
Ed un reato di massa per ragioni di emergenza diventa un “non reato”?
Strana pedagogia compatibile sì ma solo con la “legalità senza le leggi”.
Se, viceversa,le assenze venissero segnate si registrerebbe, formalmente, una situazione persino peggiore: la formalizzazione della violazione della Costituzione che all’art. 34 garantisce il diritto allo studio. Per tutti.
Scrive ancora Caudullo sulla necessità di firmare “nell’ambito di un’attività ‘non ordinaria’ prevista dalla legge”.
C’è, a parte l’ossimoro di una attività non ordinaria coordinata con uno strumento ordinario, un particolare che forse sfugge: che, ad oggi, la legge supposta da Caudullo non c’è come non c’è, normata, alcuna attività didattica a distanza.
Lo sostiene, a proposito degli strumenti normativi sin qui utilizzati (i Dpcm compreso quello cha introdotto la DAD), anche Michele Ainis, una voce decisamente più autorevole della mia.
Risparmio, perciò, anche il riferimento, pure possibile a mio parere. all’art. 23 della Carta.
Ci sarebbe anche da aggiungere che firmare i registri oltre che costituire un ossimoro ad attività didattiche sospese renderebbe ancora più incoerente l’atteggiamento per fortuna comune (non ho ancora evidenze contrarie) di non procedere ad alcuna valutazione formalizzata.
Perché non servono i pareri legali per capire che,ad oggi, non è possibile come diceva il legislatore “non abrogato” “registra(re) progressivamente, senza segni crittografici, i voti di profitto”.
A meno di non voler alimentare non i pareri ma l’intervento di stuoli di legali in tutta Italia.
E per chiarezza io non lo sono così si evita il retropensiero del conflitto di interessi.
Franco Labella
docente di Scienze giuridiche ed economiche
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