Perché gli alunni di Singapore a fare i calcoli sono imbattibili? Perché svettano nella classifica mondiale dei più bravi, nel rapporto Pisa e nei maggiori misuratori internazionali di competenze?
Tutto deriverebbe, riporta La Stampa, dal cambiamento di metodo di insegnamento, alle elementari e alle medie, e nel proporre operazioni anche complesse fin da piccoli. Il metodo si chiama: la matematica di Singapore. E visti i risultati eccellenti, anche con gli alunni con bisogni educativi speciali, il programma ha iniziato a diffondersi nel mondo fino a raggiungere il Piemonte e la Valle d’Aosta.
Con due «insegnanti», precisa il giornale, e un investimento di 16,5 milioni della Fondazione Crt, grazie al progetto Diderot, ha raggiunto solo quest’anno 120 mila studenti. E’ stato riconosciuto come eccellenza dal presidente Mattarella. Presto, arriverà in Sicilia.
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Ecco come funziona.
«Il primo step è la fase della concretezza, in cui si dà una dimensione fisica ai numeri, poi si passa al bar modelling, o modello della barra per rappresentare i problemi matematici, infine all’astrazione».
Prendiamo un bimbo di prima elementare: giocando con la frutta o con una specie di gioco della settimana, si riesce a fargli fare già al primo anno operazioni da seconda, addizioni e sottrazioni. E come si moltiplica 12 per 13 con la penna rossa, blu e verde o con gli Shanghai? Si fa un quadrato di colori, poi contando gli incroci si ottengono tre numeri, 1 per le centinaia, 5 per le decine e 6 per le unità, cioè 156, il risultato dell’operazione. E non importa se «i bambini non riescono ancora ad afferrare l’essenza dei numeri o a rappresentare mentalmente i calcoli».
Così, la Tabellina che a Singapore viene compilata solo a metà: «2 per 5 e 5 per 2 fa sempre 10, imparare due tabelline è spreco di energia». La matematica di Singapore messa a punto dal 1982 dal Cdis (Curriculum Development Institute of Singapore) su indicazione del ministero dell’Istruzione ha portato in 10 anni lo Stato dal 16° posto al primo e si basa sulle ricerche dello psicologo Jerome Bruner. Perché sia sperimentata in tutta Italia, restano da convincere insegnanti e scuole: ma si chiede la Stampa, sono disposti a cambiare?