Si chiama Klassens tid ed è l’esperimento che sta spopolando nelle scuole danesi: per un’ora a settimana, ai bambini viene insegnato ad ascoltare gli altri, così da imparare ad approcciare i problemi in maniera costruttiva e per maturare nella loro personalità una forte appartenenza di gruppo. In una parola: a creare empatia.
La materia, introdotta in verità già dal 1870 nei programmi danesi, si è via via sviluppata fino a diventare solo a partire dal 2016 un’ora di educazione sociale strettamente legata al concetto di empatia.
Le modalità di svolgimento di questa lezione, insegnata dai 6 ai 16 anni, sono semplici me evidentemente anche efficaci visto l’enorme successo che sta avendo come applicazione nei casi di bullismo, come riporta anche il sito internet www.youreduaction.it, gli alunni preparano a turno una torta a cioccolato (il cacao non è a caso un importante antidepressivo), e mentre ne mangiano una fetta raccontano agli altri i loro problemi, le loro aspettative, le loro preoccupazioni.
Pensano e si esprimono senza alcun imbarazzo, perché si sentono liberi e soprattutto perché percepiscono solidarietà e spirito di gruppo: non si sentono soli, bensì parte di una comunità. Non hanno, quindi, il timore di essere presi in giro, al contrario, invece aumenta in loro il coraggio per il solo fatto di essere ascoltati, imparando quanto sia importante il rispetto reciproco.
L’ora di empatia, riteniamo non faccia bene solo agli studenti, ma anche agli insegnanti che riescono in questo modo a comprendere meglio e più da vicino i bisogni dei propri alunni.
L’empatia, del resto, è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, tanto da riuscire a comprenderne il suo stato d’animo, sia esso di gioia che di dolore, senza alcun bisogno di parlare. Una capacità valida nei rapporti quotidiani, siano essi di lavoro, coppia, amicizia e di famiglia.
È una capacità che si può acquisire, alla pari dell’intelligenza emotiva cioè la capacità di valutare e riconoscere le proprie ed altrui emozioni riuscendo a creare e stabilire relazione positive nei contesti in cui si vive. L’intelligenza emotiva è formata da due competenze diverse quelle personali legate alla consapevolezza di se e quelle sociali possibili proprio grazie all’empatia.
È probabile, inoltre, che un buon “leader del domani” sarà uno studente cresciuto in un ambiente non traumatico vissuto con sentimenti positivi e di fiducia, perché sarà in grado di favorire la cooperazione creando un ambiente disteso. Senza una buona dose di empatia, secondo gli studiosi in materia, anche uno studente con spiccato quoziente di intelligenza potrebbero non emergere e non avere successo nella vita.
Al riguardo, uno studio realizzato dall’Università di Michigan su circa 14.000 studenti universitari ha messo in luce che i ragazzi di oggi, rispetto agli universitari degli anni ’80 e ’90 hanno circa il 40% in meno di empatia e presentano depressione e/o disturbi mentali in notevole aumento.
Un esempio opposto, invece, viene dal nord, dove gli abitanti sono addirittura tra i più felici del mondo, secondo quanto emerso dal “World happiness report 2016” che fa il punto sullo stato di felicità globale.
Un altro aspetto da non trascurare è che l’empatia non è soltanto osservare le proprie emozioni per rapportarsi in maniera costruttiva con gli altri, ma è anche imparare a gestire e assorbire l’insuccesso.
Insuccesso da vedere come scelta autonoma, scelta differente legata a fattori diversi. Non fallire, ma decidere di fallire, perché vincere in alcuni casi significa scendere a compromessi poco pregevoli sul piano etico, sposare ad esempio la nevrosi del lavoro gratificante a tutti i costi, del titolo professionale, dell’appagamento sentimentale.
Chi decide liberamente di fallire, in definitiva, non è meno determinato di chi impiega tutte le proprie forze per ottenere il posto di lavoro o il partner dei sogni: ha solo applicato l’empatia, per arrivare a quello che ritiene più giusto per lui.
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