La famigerata legge della “Buona Scuola” che tanti disastri sta portando all’istituzione scolastica e di ciò ne è testimone il mese di agosto che sta per terminare ha, tra l’altro, previsto nella 107/2015 l’assegnazione del bonus premiale per la valorizzazione del personale docente, disciplinata ed approvata dal Comitato di Valutazione di ogni scuola ed assegnata dal Dirigente Scolastico sulla base dei parametri fissati dal MIUR.
Il bonus premiale, nei mesi scorsi ha scatenato un vespaio di polemiche, soprattutto perché tale premio avrebbe dato adito a lotte intestine all’interno delle istituzioni scolastiche. Mentre ci sono stati sul territorio nazionale, dirigenti scolastici che hanno interpretato la normativa ministeriale dando luogo ad una distribuzione equa delle somme destinate, altri dirigenti scolastici hanno applicato la direttiva MIUR alla lettera assegnando le quote sulla base delle effettive esperienze effettuate dal docente e debitamente documentate secondo una allegata tabella di dichiarazione dei titoli professionali. E qui si è scatenata la presentazione da parte del personale docente della documentazione delle più disparate attività svolte durante l’anno scolastico 2015/2016. Tuttavia in ciascuna istituzione scolastica solo una parte del personale docente ha potuto essere graziato del bonus premiale che consta di oltre 24.000 euro da dividere, mentre la stragrande maggioranza è rimasta all’asciutto senza ottenere un solo euro di gratificazione da parte del Dirigente Scolastico.
Si può dire che trattasi di un bonus premiale che divide la categoria docente i due sezioni: figli e figliastri. Chi lo ha avuto e chi invece ne è rimasto a mani vuote. Tra i tanti docenti che non hanno usufruito del bonus vi è certamente una buona fetta che ha titoli culturali e professionali di tutto rispetto, ma che, purtroppo, non gode di grande stima all’interno dell’istituzione scolastica, ma che svolge nelle classi un lavoro silenzioso, ma proficuo.
Ovviamente il termometro di questo lavoro silenzioso è dato dai risultati ottenuti dagli alunni al termine dell’anno scolastico e solo quello deve essere il parametro necessario per avallare la professionalità e la bravura di un docente. Tale assegnazione è stata definita iniqua perché va a penalizzare una categoria professionale dove gli aumenti stipendiali sono stati dati sempre a tutti con l’avallo dei sindacati (nei tempi d’oro quando i sindacati avevano voce in capitolo), ora, invece, il sindacato si mostra prono alle richieste del Governo e del MIUR minacciando solo qualche sciopero e nient’altro. Sic transeat gloria mundi! Se gli scioperi non sono riusciti a scalfire alcune nefandezze della legge sulla “Buona Scuola”, figuriamoci se il referendum possa gettare giù dalle fondamenta tutta l’architettura della legge perché è bene dirlo e ribadirlo ad alta voce che la categoria docente nella Pubblica Amministrazione non è mai e poi mai stata coesa ed unita e quando si devono prendere decisioni forti e intentare battaglie coraggiose si procede sempre per compartimenti stagni. Vedete cosa succede se si fermano i ferrotranvieri e gli autotrasportatori per far valere i loro sacrosanti diritti. Si trovano subito le soluzioni. Per la scuola invece no: questo anche a causa della scarsa considerazione sociale in cui è caduta.
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