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A scuola si usano due sole “armi”: cultura e democrazia, non c’è spazio per servilismo e conformismo. Cronaca di un’assemblea di prof autoconvocati

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Il 15 dicembre ho partecipato a Torino, ad un’assemblea di insegnanti autoconvocata. Niente sigle sindacali (anche se molti dei partecipanti una tessera sindacale di un qualche sindacato ce l’avevano), niente patrocinio di partiti, associazioni professionali: un’ottantina di persone, di varia età, anche se prevalentemente sotto i quarant’anni, desiderose di parlare dei problemi del loro lavoro a scuola, di comunicare ad altri la propria esperienza, di interrogarsi su cosa si possa fare per migliorare un’istituzione così importante.

Gli organizzatori avevano deciso la scaletta dei primi interventi: per quanto autoconvocata nessuna assemblea può reggere ad un totale spontaneismo. Dal tavolo della presidenza (due lavoratrici, una docente e una amministrativa, com’è giusto che sia) è stato detto chiaramente che l’incontro di oggi si auspicava fosse un inizio e che sarebbero state subito presentate esperienze di collaborazione tra lavoratori della scuola nate per affrontare insieme i problemi della loro scuola.

Questi i temi emersi dalle relazioni: la questione del dimensionamento, le riflessioni di un episodio conclusosi con la denuncia di un docente per diffamazione da parte di una dirigente scolastica, la preoccupazione per la futura riforma del settore tecnico-professionale, le intenzioni di un collettivo di insegnanti che si ritrovano per discutere del modo migliore di affrontare il proprio lavoro, i molti mezzi con i quali i dirigenti cercano di limitare il potere del Collegio docenti, la situazione di difficoltà dei CPIA e dell’istruzione per gli adulti. Si tratta di temi concreti, che interessano tanti istituti scolastici: sul dimensionamento, tenuto fermo il parere favorevole espresso recentemente dalla Consulta, c’è da dire che in pochi anni eliminerà 600 autonomie scolastiche.

Tra le scuole che si stanno agitando contro il dimensionamento c’è anche l’“8 Marzo” di Settimo torinese, che non vede bene la nascita di un macro-istituto di 1.800 e passa studenti, derivato dalla fusione con il “Galileo Ferraris”. Il ministro Valditara afferma che il dimensionamento “ce lo chiede l’Europa” e che è previsto dal PNRR. Ci vien da dire al Ministro che è inutile sostenere che la scuola sia un “presidio di civiltà” se poi, appena possibile, si tagliano fondi per “razionalizzare” la spesa. Su che cosa si risparmierebbe, con l’accorpamento? Sul dirigente scolastico (ne basterebbe uno solo) e sul personale di segreteria che, ulteriormente contratto, avrebbe un surplus di impegno.

Domanda retorica: lavora meglio e più consapevolmente un Collegio docenti di 120 persone o uno di 220? Altra domanda: è meglio impegnare i fondi del PNRR per “ambienti innovativi di apprendimento” che tra dieci anni saranno obsoleti o garantire il riscaldamento dei locali?  La lotta del personale dell’“8 marzo” di Settimo continuerà e il prossimo passo sarà un presidio martedì 19 dicembre di fronte agli uffici dell’USR a Torino. Aggiungo che i giovani docenti che sono intervenuti su questo tema conoscevano bene la normativa sul dimensionamento, comprendevano la difficoltà della loro protesta ma erano decisi a continuare. Tutti elementi (la conoscenza delle norme, la valutazione delle difficoltà della protesta, la decisione di continuare uniti per una giusta causa) che mi hanno colpito favorevolmente e che ho rintracciato negli altri interventi. La preoccupazione per la perdita di peso del Collegio docenti nelle decisioni che gli competono è stata ribadita da più voci, e parecchi sono stati gli interventi che hanno denunciato la difficoltà di ogni dissenso all’interno delle riunioni collegiali.

Argomenti scottanti e di “lunga durata” quali la scarsa retribuzione del personale della scuola sono rimasti sullo sfondo, quasi fosse più urgente parlare della propria esperienza quotidiana e di difficoltà concrete che non di problemi grandi e generali. Soltanto in chiusura una precaria non giovanissima ha ricordato che non percepiva da tre mesi lo stipendio; è mai possibile che sia così tutti gli anni? Lo Stato non si vergogna di essere inadempiente con chi lavora? Con il 2023 lo scatto stipendiale del 2013 dovrebbe, ad esempio, andare in prescrizione e un buon numero di lavoratori avrà così perso migliaia di euro. Le liquidazioni continuano ad essere sequestrate per due-tre anni, mentre dovrebbero immediatamente essere versate ai pensionati. L’elenco è lungo e se ne dovrà riparlare.

Oggi, però, volevo segnalare la vitalità che circolava nell’assemblea cui ho assistito. L’ultimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese intitola così il primo paragrafo: I sonnambuli. E continua: Ciechi dinanzi ai presagi: crisi demografica, nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% più danni che benefici dalla globalizzazione, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente.

   Bene a questo torpore sociale la scuola può dare una scossa, con le “armi” della cultura e della democrazia. Mi piace pensare che i docenti e lavoratori della scuola che ho visto oggi siano avanguardia di un più vasto fenomeno che ridesti la nostra società dalla rassegnata disgregazione che sembra aver avuto la meglio negli ultimi decenni. Auguro loro di non perdere mai di vista il fatto che una scuola migliore implica una società migliore.

Dobbiamo, a scuola, avere l’ambizione di essere il volano di un cambiamento positivo, che attenui la diseguaglianza, che riduca ostilità e rancore ed affermi solidarietà. Son questi i miei auguri natalizi per un movimento che mi piace pensare nascente e vitale e che spero persuada tanti lavoratori della scuola che la loro funzione è importante e che va praticata con lucidità e autonomia intellettuale, mettendo al bando ogni servilismo e ogni conformismo.