I lettori ci scrivono

A settembre la scuola riapre senza autonomia in Veneto

L’anno scolastico 2019/2020 sarà ricordato nel tempo come l’anno della Covid-19, con tutto quel che ne consegue: continui e contraddittori decreti del premier Conte, troppi morti in case per anziani in Lombardia, dove la Magistratura indaga (secondo il principio costituzionale ”Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla Legge)” sia il premier, che il governatore lombardo, A. Fontana, per lo scaricabarile delle responsabilità non assunte causando tutti quei pensionati morti.

Lo scorso anno sarà ricordato anche per la lunghissima vacanza degli 850mila docenti (700mila +150mila per sostegno) oltre 350mila ausiliari o Ata, dunque circa 1,2 milioni di impiegati pubblici del servizio scuola. Gli studenti italiani sono 7,6 milioni in 8,5 mila unità scolastiche con presidi, pardon Dirigenti Scolastici ben difesi dalla loro Associazione.

Gli oltre 50 miliardi spesi annualmente per aprire le aule a 8 milioni di studenti e a 800 mila docenti non bastano più per mantenere l’attuale sistema statale e statalista di uno Stato vassallo che tratta il cittadino ancora come un suddito imponendogli una scuola pubblica ad oltre il 90% dei suoi sudditi, resi pecoroni.

Secondo Repubblica, ma anche dei cugini media minori, servono altri miliardi fino al 4,5% del Pil come in altri paesi europei.

Così scrivono valenti opinionisti dell’intellighenzia di moda corrente, ma nemmeno una parola per marcare le differenze di qualità dei diversi sistemi scolastici esistenti in Francia, Olanda, Svezia, Gran Bretagna e Germania. In nessun Paese c’è il primato, incontrato, di una scuola che vieta i diritti basilari degli studenti come il poter scegliere il docente disciplinare come si sceglie il medico generico della mutua o lo specialista, eppure anche l’istruzione è un servizio sociale non secondario. In Veneto la scuola dell’infanzia fino a 6 anni è per il 65% privata o libera (afferma l’animatrice dell’Associazione “Veneto Vivo”), quella obbligatoria e medie superiori era al 17% non statale, poi ridottasi a circa 10% con la crisi del 2008 e col covid19.

Nel 2017 più di 2 milioni di veneti hanno deciso di dare il loro sì al referendum che la chiedeva. Nonostante questo, tutto appare ancora confuso e poco chiaro, dice anche “Veneto Vivo” che aggiunge: ”Ma cosa significa davvero l’autonomia? Cosa manca per attuarla? Perché desta così tanto dibattito”, direi soprattutto per la scuola? Le nuove disposizioni del Ministero dell’Istruzione sono riuscite a far rimanere tutti scontenti. A cominciare dai docenti, passando per i dirigenti scolastici, quinti il personale delle scuole, e per finire ai genitori. Ecco come scrivono i prezzolati opinionisti, ben pagati dall’editore si presuppone.

Insomma i genitori vogliono soldi? Non mi pare! E ancora “il distanziamento la scuola, senza aule e senza docenti, rischia di non riaprire proprio a settembre 2020”. Sulla ripartenza delle lezioni, infatti, i conti non tornano e così anche nel prossimo anno scolastico la didattica a distanza sarà inevitabile, questo lo scrive come se fosse un male, ma non è cola realtà. Proprio giorni fa la ministra ha ascoltato la Conferenza Stato regioni in merito alle linee guida sulla sicurezza per l’avvio del prossimo anno, nel mentre docenti e famiglie saranno in piazza in tutta Italia per manifestare e chiedere certezze.

Ancora mistificazioni che la ministra ascolta chi e che cosa se non il Parlamento che è espressione della sovranità popolare. Poveri presidi a leggere i media partigiani:”Le questioni rimaste in sospeso sono ancora troppe: mancanza di aule capienti con il distanziamento alla carenza di personale docente e Ata, tutto nelle mani dei dirigenti scolastici che invece chiedevano indicazioni precise”.

Ma non è proprio così e si fa di tutto per creare altra confusione e stare a casa ancora altri mesi il prossimo anno scolastico? Perché no è così comodo per circa 1 milione di persone a cui lo stipendio corre normalmente senza svolgere il servizio se il governo con la giovane preside e  ministra li asseconda. “La scuola non può partire così, ci deve essere un patto a priori. Altrimenti non la apro, sono pronto anche a manifestare davanti al ministero. Nel mio istituto, per fare un esempio pratico, a settembre ci saranno 900 alunni, ma ho solo un 10% di spazi in più rispetto al massimo della capienza. Come farò?” – la denuncia di alcuni presidi.  Poverini come si preoccupano di altri spazi, difficili da trovare durante l’estate che incombe! E i media gli danno man forte scrivendo: ”Difficile appare dunque il reperimento degli spazi per creare nuovi ambienti didattici, con gli enti comunali e le Province che dovranno fornire alle stesse istituzioni scolastiche altre strutture, come musei, parchi o addirittura ville all’aperto. Inoltre, se gli ambienti aumentano, occorrerà aumentare anche il numero dei docenti.

Insomma altra scuola di stato e addio la speranza di pensare ed auspicare una scuola libera che tratti il suddito da cittadino che ha diritto di ricevere direttamente dalla Regione di residenza, per figli meritevoli e bisognosi, le rette se frequentano le medie superiori e le borse di studio se all’università.

Pietro Calamandrei precisava bene l’evoluzione del suddito a cittadino: ”Solo la scuola può compiere il miracolo di fare diventare cittadino il suddito”. A volte si ha l’impressione che per la nostra scuola nessuno gridi: ”mamma, mamma il Re è nudo”! Il Veneto comunque pare che sia sta l’unica regione ad aprire le scuole durante la chiusura voluta da Roma con Conte per almeno il 10% circa degli studenti: «L’amore per i nostri ragazzi ha impegnato le scuole della formazione professionale, con i loro direttori ed i docenti, a pensare ad una settimana di lavoro in presenza per dare un segno di impegno agli studenti – afferma l’assessore regionale alla Formazione, Elena Donazzan – Trovo sia la cosa più giusta, una scelta non solo possibile, ma pure doverosa. Ho più volte denunciato la mancanza di idee da parte del Ministro e l’opportunità di un rientro a scuola che io avrei voluto per tutte le ultime classi di ogni ordine e grado: sarebbe stato un gesto reale di serietà e avrebbe dato la misura dell’attenzione che poniamo all’istruzione dei nostri giovani». Un ritorno sui banchi rivolto ad una platea potenziale di 6.217 studenti, 5.544 allievi del terzo anno ordinario, 508 allievi del terzo anno duale e 1.615 allievi del quarto anno duale: studenti che potranno beneficiare, prima del 30 giugno, termine dell’attività formativa, di una settimana di ripasso e approfondimento in vista dell’esame.

Credo che sia giunta l’ora di regionalizzare la scuola, almeno in Veneto dove già il 65% di alunni fino a 6 anni frequenta le scuole non statali e 5 anni fa il 16 dai 6 ai 18 anni frequentava il 15% le altre scuole. Basta rendere libero lo studente di scegliere tra la scuola regionale o statale e quelle che scieglieranno le scuole regionali pagargli la retta e elargirgli più consistenti borse di studio se gli studenti sono capaci, meritevoli e privi di mezzi per continuare a studiare, solo a loro dalle scuole medie di II grado, l’ISEE verrà stabilito dalla Regione Veneto. Invece pare che, per ora, interessa regionalizzare i 75 mila del personale scolastico per i 600mila studenti veneti. Non si procede così poiché è meglio un docente statale, più imparziale, che regionale se controllato poi dalla partitocrazia pro tempore alla guida della Regione. Solo il libero mercato può aiutare la crescita della qualità del servizio scuola o meglio una sana competizione tra scuola pubblica statale e libera, decentrata o regionalizzata.

 

Giuseppe Pace

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