Il taglio dell’ultimo anno delle superiori migliora la qualità complessiva dell’offerta formativa: lo ha sostenuto poco tempo fa (quand’era nelle grazie di Renzi e sodali), il Dirigente Scolastico Salvatore Giuliano, attuale candidato del M5S allo scranno del ministero di Viale Trastevere. Aumentando l’orario giornaliero (per recuperare il taglio di un anno), gli studenti, misteriosamente, diventano più autonomi. Ipse dixit.
Lo stesso Giuliano ha di recente annunciato che, da settembre, posticiperà alle dieci del mattino l’ingresso a scuola di alcune classi del suo Istituto “Majorana”, per «andare incontro alle esigenze degli studenti» (i quali, com’è noto, dormono troppo poco perché la sera amano divertirsi!).
È il medesimo Preside che, poco prima del 5 maggio 2015 (giorno del più grande sciopero contro la “Buona Scuola” di Renzi), firmò un testo dalle parole inequivocabili: «Vogliamo ribadire le nostre ragioni di contrarietà allo sciopero del 5 maggio, uno sciopero demagogico, peraltro proclamato nella data di svolgimento dei test del SNV, che riteniamo strumento indispensabile per la conoscenza dello stato di salute del nostro sistema educativo e per il suo miglioramento». E ancora: la “Buona Scuola” «incrementa sensibilmente (…) le risorse destinate alla scuola». Poi, sulla via del Miur, tutto cambiò.
In molti hanno detto e scritto che sarebbe bastato poco al M5S per non perdere consensi tra gli insegnanti tre giorni prima del voto del 4 marzo. Sarebbe bastato candidare persone con un passato meno compromesso con gli estensori della Legge 107/2015 (“Buona Scuola”, appunto).
Per esempio, uno fra i tanti docenti eletti nella scorsa legislatura senatori e deputati del M5S, che in questi cinque anni hanno collaborato con alcuni sindacati di base, battendosi con passione e competenza contro questa legge tanto avversata dalla maggior parte degli insegnanti: Silvia Chimienti, Gianluca Vacca, Luigi Gallo, Maria Marzana, Michela Montevecchi, Rosetta Enza Blundo, Nicola Morra, e altri che probabilmente dimentichiamo. Persone che avevano aumentato la fiducia di gran parte dei Docenti verso il Movimento.
I voti degli insegnanti sarebbero arrivati ancor più numerosi se Di Maio avesse presentato come futuro Ministro (invece di Giuliano) qualche esponente eminente del mondo della cultura: ad esempio il Professor Alessandro Barbero, storico dell’Università del Piemonte Orientale.
«Quando anche i figli degli operai sono andati al Liceo, si è cominciato a dire che il Liceo non serve», sostiene Barbero. «Con la legge 107/2015 (la cosiddetta “Buona Scuola”) si è tornati a dire ai ragazzi di sedici anni (come ai loro nonni sessant’anni fa) che “un po’ di lavoro lo dovete fare”: ed ecco l’alternanza scuola-lavoro!».
E non dimentichiamo le critiche alla Legge 107 (e alle fesserie pseudodidattiche degli ultimi due decenni) espresse dal professor Salvatore Settis (cui la proposta del M5S pare sia in un primo momento arrivata), secondo il quale «è un’idea perversa sostituire la parola “conoscenza” con “competenza”, come è stato fatto dai pedagogisti alla nostrana, consultati da Berlinguer e dalla Moratti in poi per le loro pessime riforme scolastiche.
Abbiamo bisogno di persone con uno sguardo generale. Non bastano le conoscenze specialistiche, approfondite quanto si vuole. Ci vuole una visione collegata col senso della comunità (come del resto è scritto nella nostra Costituzione, che stiamo via via dimenticando). «E poi non c’è conoscenza senza sguardo critico, cioè senza il dubbio. La scuola ci insegna delle cose, ma dovrebbe soprattutto insegnarci a dubitare di quello che essa stessa ci insegna».
Settis, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, è storico dell’arte e archeologo di fama mondiale, nonché presidente del Consiglio Scientifico del Louvre. Nel 2008 scrisse contro i tagli berlusconiani all’istruzione, rendendosi inviso al Governo.
«Il fatto di dover riempire mille moduli», chiosa Settis sulla valutazione dei Docenti, «dover scrivere mille sciocchezze: è come se non ci si fidasse della responsabilità dell’essere umano. Un professore si giudica dai risultati, da come fa lezione agli allievi»
Perché non candidare persone di questa levatura? Forse per risultare più digeribili a mamma Confindustria e alle istituzioni europee? Questione di Realpolitik?
Ciò significa che anche per il M5S la Scuola resterà Cenerentola? e che i Docenti devono rassegnarsi a difenderla da soli?
Intanto, un’occasione per dar vita alla primavera della Scuola (smettendo di delegare ai burocrati) c’è: sono le prossime elezioni RSU del 17, 18 e 19 aprile. Speriamo che i docenti sappiano coglierla.
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