Lo studioso, per lanciare la sua proposta, parte da alcune premesse che sono del tuto condivisibili.
La nostra è ancora una scuola classista; l’apprendimento è compito esclusivo dell’alunno e se va male, la famiglia deve provvedere, mentre i corsi di recupero sono carenti (come è noto): “Dunque, chi ha bisogno di aiuto, se lo deve cercare essenzialmente da solo, e se non può, problema suo”.
Inoltre, aggiunge lo studioso, “ciò non solo lascia indietro chi è più in difficoltà ma mette per strada un sacco di ragazzi stufi di sentirsi inferiori”. “La cosa più tragica, se non comica per l’ottusità con la quale si opera, è che si cercano di recuperare alcuni di questi riproponendo gli stessi programmi coi quali sono falliti! Insomma, la «minestra» deve piacere per forza”.
Ed ecco la proposta: “Se non si può trasformare tutta la scuola, e certamente manca la volontà sociale e politica per una cosa simile, almeno creiamo qualcosa per il recupero degli abbandoni, qualcosa che possa funzionare, per rendere questi ragazzi cittadini consapevoli, partecipi, utili, e non…utili idioti, perché alla fine voteranno pure loro, e tutti noi dovremo accettare anche le loro volontà, quale che sia, e quale che ne sia la base, di ignoranza, di mancanza di comprensione dei meccanismi della società di cui siamo tutti parte.
Propongo un corso biennale, o massimo triennale, per questi ragazzi, basato su poche materie, giusto per renderli autonomi ed autosufficienti nella società del Ventunesimo secolo. Per prima cosa, l’italiano, almeno 10 ore settimanali, perché la conoscenza della propria lingua, la capacità di comprendere e comunicare è alla base di ogni altra abilità.
Poi la matematica di base (almeno cinque ore alla settimana), non l’analisi matematica che serve solo agli ingegneri, perché la sua utilità e tale che non se ne può prescindere, ed è troppo difficile da imparare da solo.
Terzo, il diritto, ma non le leggi astruse: la Costituzione italiana, come funziona, cosa si può fare e cosa non si può fare!
Infine, una materia a scelta: storia dell’arte, lingue, falegnameria, elettrotecnica, quello che si vuole, per tenere alto l’interesse e venire incontro a potenziali interessi futuri, e anche per far sì che la scuola non sia solo obbligo, ma anche sostegno. Non si darebbe un classico diploma questi ragazzi, ma un certificato di studio di base completato”.
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