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Abbandoni e titoli di studio, com’è lontana l’Europa

C’è anche il grigio quadro della scuola nel rapporto Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, pubblicato il 19 febbraio. Con l’abbandono precoce che stride rispetto al resto degli altri Paesi moderni. In Italia, infatti, sono circa due milioni e mezzo (26% del totale) i giovani italiani tra 15 e 29 anni che nel 2013 non sono inseriti in un percorsoscolasticoe/o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa. In Europa, solo la Grecia presenta un’incidenza maggiore (28,9%) di Neet, mentre Germania e Francia registrano quote molto più contenute (8,7 e 13,8%).

Anche se il fenomeno dell’abbandono scolastico, prima dei 16 anni, è in leggero calo, l’Italia rimane quindi ancora lontana dagli obiettivi europei (10%). Nel 2013, il 17% dei 18-24enni ha interrotto precocemente gli studi (20,2 dei ragazzi e 13,7% delle ragazze).

La permanenza dei giovani all’interno del sistema di formazione anche dopo il termine dell’istruzione obbligatoria è pari all’82,4% tra i 15-19enni e al 21,6% tra i 20-29enni. Tra i principali partner europei, valori più elevati si registrano in Germania, Spagna e Portogallo mentre Austria, Regno Unito e Lussemburgo mostrano tassi inferiori per entrambe le classi di età.

 

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Solo il 6,2% degli adulti è impegnato in attività formative contro una media europea del 10,5%. Le performance migliori sono quelle dei paesi scandinavi. Rispetto ai principali paesi dell’Ue l’Italia segue Francia, Regno Unito, Spagna e Germania. In Italia, l’incidenza della spesa in istruzione e formazione sul Pil è al 4,2% nel 2012, valore vicino a quelli di Germania e Spagna ma inferiore a quello dell’Ue28 (5,3%). Nel 2013 il 42,2% della popolazione in età compresa tra 25 e 64 anni ha conseguito la licenza di scuola media come titolo di studio più elevato, valore molto distante dalla media Ue28 (24,8%). Lo si legge
Solo il 22,4% dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente); tale quota è aumentata di 6,8 punti percentuali tra il 2004 e il 2013 ma è ancora molto distante dall’obiettivo del 40% fissato dalla Commissione europea nella Strategia Europa 2020.
Una notizia positiva, però, c’è: è quella che riguardati i dati più recenti sul livello delle competenze (indagine Pisa dell’Oecd), i quali confermano i segnali di miglioramento già evidenziati tra il 2006 e il 2009, pur con una performance inferiore alla media Ocde e a quella dei paesi Ue che partecipano all’indagine.

L’indagine nazionale ha anche fatto il punto sugli stranieri 15-64enni residenti nel nostro Paese, i quali hanno tendenzialmente un livello di istruzione simile a quello degli italiani. Ebbene, nel 2013 la metà degli stranieri era in possesso al più della licenza media, il 40,4% aveva un diploma di scuola superiore (rispetto al 36,9% del 2005) e il 9,5% una laurea. Le forze di lavoro straniere rappresentano l’11,2% del totale, concentrate al Nord per oltre il 60%. E il tasso di inattività della popolazione straniera è inferiore di quasi otto punti percentuali a quello della popolazione italiana (29,7 contro 37,3%). Il tasso di occupazione è, viceversa, più elevato di quello degli italiani (61,9 a fronte del 59,5%).

 

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Alessandro Giuliani

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