Il DEF 2024 presentato nei giorni scorsi dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti contiene un allegato molto interessato che riguarda gli “indicatori di benessere equo e sostenibile”.
Un capitolo dell’allegato parla esplicitamente del sistema di istruzione e prende in esame il tema della “Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione” (UPIF).
L’indicatore in questione, spiegano i tecnici del MEF che hanno redatto il documento, “monitora il dominio ‘Istruzione e formazione’ del benessere”.
“La scelta di questo indicatore – aggiungono – è motivata dall’idea che ridurre la quota di persone che abbandona precocemente il sistema di istruzione e formazione è essenziale per aumentare il livello di competenze della popolazione e ridurre il rischio di esclusione sociale”.
“Un livello elevato dell’indicatore – sottolineano i tecnici del MEF – può avere anche effetti negativi sull’economia in termini di occupazione, produttività, competitività e, di conseguenza, crescita economica di un paese. L’abbandono scolastico, inoltre, si ripercuote anche su altri indicatori di benessere individuale influenzando, oltre che la ‘capacità dei cittadini di conoscere e vivere il mondo circostante’, anche il reddito futuro dell’individuo”.
Sulla base dei dati disponibili viene confermato quanto è già ampiamente noto: i tassi di abbandono sono più elevati per i maschi e differiscono fra le diverse aree territoriali, a tutto svantaggio del Meridione e delle Isole.
Ma – a nostro parere – il dato più clamoroso è un altro.
Il rapporto, infatti, parla di una possibile leggera “inversione di tendenza” a partire già dal 2024.
E quali sarebbero le ragioni di questo miglioramento? Le risorse messe in campo dal PNRR, verrebbe da rispondere.
E invece no: “Sulla dinamica mediamente discendente di UPIF ma – si legge nel rapporto – dovrebbe incidere l’aumento del reddito disponibile pro capite, previsto in crescita fino al 2027. La dinamica annuale di UPIF nel periodo di previsione potrebbe invece essere influenzata dalle oscillazioni nella composizione settoriale del mercato del lavoro e da ulteriori fattori ad esso legati”.
In altre parole, spiegano i tecnici del MEF, esisterebbe “una relazione inversa fra disoccupazione giovanile e tasso di abbandono scolastico, tale per cui i giovani, osservando un mercato del lavoro più favorevole nei loro confronti nel 2024, potrebbero scegliere di uscire dal sistema di istruzione e formazione”.
Secondo questo “modello esplicativo” risulterebbe che l’abbandono scolastico sarebbe addirittura incrementato dal buon andamento del “mercato del lavoro”, mentre gli elevati e anomali tassi di dispersione al sud e nelle isole sarebbero legati anche alla quasi totale mancanza di “speranza” di poter trovare una collocazione lavorativa all’uscita dal sistema formativo.
Il documento, insomma, mette in evidenza che la dispersione è un fenomeno molto complesso che va combattuto (anzi forse “aggredito”) su più versanti.
In mancanza di adeguate politiche del lavoro l’uscita precoce dal sistema formativo potrebbe procedere e anzi forse aumentare.
Studenti più preparati e competenti sono necessari ma se poi non ci sono opportunità lavorative, i migliori (o quelli che possono contare sull’aiuto della famiglia), escono dal Paese e cercano soluzioni altrove.
E di questo, stando a quello che si legge nel DEF, il Governo è perfettamente consapevole.
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