L’allarme giunto dal G20 di Catania sulla dispersione scolastica in Italia è confermati ora da uno studio nazionale: nel nostro Paese ammonta a 543mila la quantità di giovani che nel 2020 hanno lasciato la scuola dopo la licenza media, con punte preoccupanti al Sud. Così l’Italia si colloca al terzo posto nell’Unione europea per tasso di dispersione scolastica. La ricerca è stata prodotta dalla Cgia, la quale evidenzia anche un paradosso: le aziende, specie del Nord, hanno difficoltà di reperire figure professionali ad elevata specializzazione. E nei prossimi anni, con l’avvento della cosiddetta “rivoluzione digitale”, ma anche con la pandemia in corso che ha aumentato gli abbandoni, queste criticità assumeranno dimensioni maggiori.
Secondo Unioncamere del milione e 280mila nuove assunzioni previste dalle imprese tra luglio e settembre di quest’anno, quasi il 31% sarà difficilmente reperibile. E sono circa 400 mila le posizioni lavorative inevase.
I motivi degli abbandoni prematuri della scuola sono principalmente culturali, sociali e economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione, spiegano gli esperti, hanno maggiori probabilità di fermarsi prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma.
In alcuni casi l’abbandono dei banchi di scuola può essere causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa messa a disposizione dalle scuole.
Come anche rilevato più volte dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, molto importante in questo contesto è il ruolo degli istituti di Istruzione e Formazione Professionale: sono diventati, infatti, un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici.
Sono questi istituti che potrebbero rappresentare l’ancora di salvataggio per oltre mezzo milione di giovani che lasciano la scuola anzitempo, per andare a riempire, quasi sempre, la categoria dei Neet, di cui l’Italia detiene purtroppo il primato.
Solo qualche giorno fa, su questo argomento avevamo auspicato l’esigenza di generare “una benefica interazione tra gli istituti scolastici e le strutture del territorio. Anche con il cosiddetto ‘terzo settore’: è attraverso i privati, le associazioni, le cooperative, che, ad esempio, si sta realizzando il Piano Estate”. E ancora: “occorre agire sulle aziende, cercando di coinvolgerle in attività di formazione e tirocinio: la Germania è il modello da imitare.
Occorre poi coinvolgere altre istituzioni, ad iniziare dagli altri ministeri che ruotano attorno ai giovani, ma anche gli enti locali, che entrano in gioco quando le situazioni familiari si fanno drammatiche”.
Per dare un’idea della vastità del fenomeno della dispersione scolastica in Italia, basta dire che questa è ben otto volte superiore ai cosiddetti “cervelli in fuga”: i 543mila studenti che, soprattutto nel biennio delle superiori, hanno abbandonato prematuramente la scuola, sono un numero molto più alto dei 68mila con un titolo di studio medio-alto che si sono spostati all’estero per ragioni di lavoro.
I numeri sono eloquenti. Nel 2020 l’Italia si è collocata al terzo posto tra i 19 paesi Ue per abbandono scolastico tra i giovani tra 18 e 24 anni, collocandosi al 13,1%, con appunto 543mila giovani che lasciano senza avere conseguito il diploma.
Solo Malta (16,7%) e Spagna (16%) fanno peggio dell’Italia. La media dell’Unione europea è al 10,2% (quasi 3 punti in meno dell’Italia).
Tra il 2010 e il 2020 la riduzione del fenomeno nel nostro Paese è stata del 5,5%, pressoché in linea con la media UE (-5,2%).
Nel Meridione si registrano i livelli più alti di abbandono: in Sicilia il 19,4%, poi la Campania (17,3%) e la Calabria (16,6%) dove, in 10 anni, l’abbandono scolastico è aumentato dello 0,6%.
Le Regioni più virtuose sono Abruzzo (8%), Friuli Venezia Giulia (8,5%), Molise (8,6%) e Emilia Romagna (9,3%).
Il Nord Est è l’area che soffre meno di questo fenomeno sia per l’incidenza percentuale di abbandono (9,9%) che per il più basso numero in termini assoluti di “uscite” premature dalla scuola (-77mila).
Con la pandemia, però, questi dati sono destinati ad essere ancora più preoccupanti: il tasso di abbandono scolastico, infatti, si è elevato. A breve, ne avremo la conferma anche dall’Istat.
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