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Abbandono scolastico, meno diffuso tra le ragazze che sono anche più brave a scuola: lo dice l’ISTAT

Dal 2010, l’Istat ha avviato il progetto Bes (Benessere Equo e Sostenibile) per misurare il livello di benessere in Italia.

Ogni anno viene pubblicato il Rapporto Bes, che analizza sia le tendenze recenti sia quelle di lungo periodo, includendo le disuguaglianze in 152 indicatori suddivisi in 12 domini. Per alcuni di questi indicatori, è possibile confrontare i dati italiani con la media dell’Unione Europea a 27 Stati, fornendo un quadro del posizionamento dell’Italia in ambito europeo, evidenziando criticità e punti di forza.

A partire dal patrimonio informativo del Bes, nel Rapporto Benessere e diseguaglianze in Italia, l’ISTAT analizza le disuguaglianze territoriali, per genere e titolo di studio considerando, per una selezione di indicatori, anche la combinazione di più fattori, per individuare i gruppi più svantaggiati in termini di benessere.

Disuguaglianze di genere

Nel dominio dell’istruzione e formazione, gli indicatori evidenziano un vantaggio femminile tra i giovani:

  • Le ragazze abbandonano meno gli studi (7,6% contro 13,1% dei maschi).
  • Una minore percentuale di studentesse risulta sotto la soglia minima di competenza alfabetica (33,9% contro 42,9%).
  • Le giovani donne si iscrivono all’università con maggiore frequenza (58,2% rispetto al 45,2% dei ragazzi) e completano percorsi terziari più frequentemente (37,1% contro 24,4%).

Tra gli adulti, le donne presentano un più alto livello di istruzione: il 68% ha almeno un diploma, contro il 62,9% degli uomini. Inoltre, utilizzano più frequentemente le biblioteche (14% rispetto al 10,7%) e si distinguono nella presenza lavorativa in ambiti culturali e creativi (3,7% contro 3,3%). Tuttavia, emerge una maggiore quota di donne tra i NEET (giovani non occupati né in formazione): 17,8% contro il 14,4% maschile.

Nonostante le migliori performance educative, nel dominio del lavoro e conciliazione dei tempi di vita le donne subiscono gravi svantaggi:

  • Il tasso di occupazione femminile è significativamente più basso (56,5% rispetto al 76% maschile).
  • Le donne registrano tassi più elevati di mancata partecipazione al lavoro (18% contro 12,3%) e di part-time involontario (15,6% contro 5,1%).
  • Inoltre, percepiscono maggiore insicurezza lavorativa e sono più spesso sovraistruite rispetto agli uomini.

Queste difficoltà si riflettono su aspetti economici e sociali: le donne sono più esposte al rischio di vivere in famiglie povere (20% contro 17,8% degli uomini) o in condizioni di grave deprivazione materiale (5% rispetto al 4,5%).

Disuguaglianze per livello di istruzione

Il livello di istruzione è determinante per il benessere individuale, influenzando aspetti economici, sociali, culturali e sanitari. Sebbene la partecipazione al sistema scolastico sia aumentata dagli anni ’60, l’Italia registra ancora un ritardo nell’istruzione terziaria rispetto alla media europea: nel 2023, solo il 21,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha un titolo di studio universitario (contro il 35,1% dell’Ue27). Le giovani generazioni mostrano un miglioramento, ma restano al di sotto degli standard europei: tra i 25-34enni, solo il 30,6% possiede un titolo terziario, con notevoli differenze di genere (una donna su tre contro un uomo su quattro).

L’analisi degli indicatori per titolo di studio evidenzia un vantaggio crescente con l’aumentare del livello di istruzione. Tuttavia, alcuni aspetti soggettivi mostrano risultati inversi: le persone con titoli più alti spesso esprimono insoddisfazione per i servizi pubblici e il paesaggio locale, probabilmente a causa di aspettative più elevate.

Le disuguaglianze intersezionali

Considerando l’intersezione tra istruzione, territorio e genere, emergono significativi squilibri:

  • Nel Mezzogiorno, le persone con bassa istruzione sono particolarmente svantaggiate, specialmente tra le donne e i giovani adulti. Ad esempio, il 56,7% dei giovani con basso titolo di studio è a rischio povertà.
  • Le disuguaglianze nell’accesso a internet riflettono un digital divide accentuato tra chi possiede una bassa istruzione, soprattutto tra gli anziani e i residenti nel Sud Italia.

Nel mercato del lavoro, l’istruzione elevata riduce le disuguaglianze, soprattutto per le donne, migliorando le probabilità di occupazione anche in contesti sfavorevoli. Ad esempio, il tasso di occupazione delle laureate nel Mezzogiorno (71,8%) supera quello degli uomini meno istruiti (59%).

Salute e stili di vita

Il livello di istruzione incide anche sugli indicatori di salute:

  • Il tasso di mortalità evitabile diminuisce con l’aumentare del titolo di studio (39,6 decessi su 10.000 per i meno istruiti contro 20,3 per i laureati).
  • La sedentarietà è molto più diffusa tra le persone con bassa istruzione (55,6%) rispetto ai laureati (17,9%).

Conclusioni

Le disuguaglianze legate al titolo di studio si intrecciano con quelle di genere e territorio, evidenziando gruppi particolarmente svantaggiati, come le donne poco istruite nel Mezzogiorno. Investire in istruzione è cruciale per ridurre le disparità, migliorare il benessere e favorire una maggiore inclusione sociale.

Lara La Gatta

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