Dal 2010, l’Istat ha avviato il progetto Bes (Benessere Equo e Sostenibile) per misurare il livello di benessere in Italia.
Ogni anno viene pubblicato il Rapporto Bes, che analizza sia le tendenze recenti sia quelle di lungo periodo, includendo le disuguaglianze in 152 indicatori suddivisi in 12 domini. Per alcuni di questi indicatori, è possibile confrontare i dati italiani con la media dell’Unione Europea a 27 Stati, fornendo un quadro del posizionamento dell’Italia in ambito europeo, evidenziando criticità e punti di forza.
A partire dal patrimonio informativo del Bes, nel Rapporto Benessere e diseguaglianze in Italia, l’ISTAT analizza le disuguaglianze territoriali, per genere e titolo di studio considerando, per una selezione di indicatori, anche la combinazione di più fattori, per individuare i gruppi più svantaggiati in termini di benessere.
Nel dominio dell’istruzione e formazione, gli indicatori evidenziano un vantaggio femminile tra i giovani:
Tra gli adulti, le donne presentano un più alto livello di istruzione: il 68% ha almeno un diploma, contro il 62,9% degli uomini. Inoltre, utilizzano più frequentemente le biblioteche (14% rispetto al 10,7%) e si distinguono nella presenza lavorativa in ambiti culturali e creativi (3,7% contro 3,3%). Tuttavia, emerge una maggiore quota di donne tra i NEET (giovani non occupati né in formazione): 17,8% contro il 14,4% maschile.
Nonostante le migliori performance educative, nel dominio del lavoro e conciliazione dei tempi di vita le donne subiscono gravi svantaggi:
Queste difficoltà si riflettono su aspetti economici e sociali: le donne sono più esposte al rischio di vivere in famiglie povere (20% contro 17,8% degli uomini) o in condizioni di grave deprivazione materiale (5% rispetto al 4,5%).
Il livello di istruzione è determinante per il benessere individuale, influenzando aspetti economici, sociali, culturali e sanitari. Sebbene la partecipazione al sistema scolastico sia aumentata dagli anni ’60, l’Italia registra ancora un ritardo nell’istruzione terziaria rispetto alla media europea: nel 2023, solo il 21,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha un titolo di studio universitario (contro il 35,1% dell’Ue27). Le giovani generazioni mostrano un miglioramento, ma restano al di sotto degli standard europei: tra i 25-34enni, solo il 30,6% possiede un titolo terziario, con notevoli differenze di genere (una donna su tre contro un uomo su quattro).
L’analisi degli indicatori per titolo di studio evidenzia un vantaggio crescente con l’aumentare del livello di istruzione. Tuttavia, alcuni aspetti soggettivi mostrano risultati inversi: le persone con titoli più alti spesso esprimono insoddisfazione per i servizi pubblici e il paesaggio locale, probabilmente a causa di aspettative più elevate.
Considerando l’intersezione tra istruzione, territorio e genere, emergono significativi squilibri:
Nel mercato del lavoro, l’istruzione elevata riduce le disuguaglianze, soprattutto per le donne, migliorando le probabilità di occupazione anche in contesti sfavorevoli. Ad esempio, il tasso di occupazione delle laureate nel Mezzogiorno (71,8%) supera quello degli uomini meno istruiti (59%).
Il livello di istruzione incide anche sugli indicatori di salute:
Le disuguaglianze legate al titolo di studio si intrecciano con quelle di genere e territorio, evidenziando gruppi particolarmente svantaggiati, come le donne poco istruite nel Mezzogiorno. Investire in istruzione è cruciale per ridurre le disparità, migliorare il benessere e favorire una maggiore inclusione sociale.
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