“L’idea di costruire un piccolo abbecedario (…) – sottolinea l’associazione di promozione sociale “Chi rom… chi no”, che opera nel quartiere e che ha curato il lavoro – nasce proprio dalla volontà di valorizzare ‘la lingua e il parlato della relazione’, quello attraverso il quale ognuno riesce ad affermare la propria esistenza e in questo modo il suo rapporto con l’altro”.
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Sono stati raccolte parole, numeri, conte e nenie, “sussurrate da madri, nonne, padri e raccolte in momenti di grande intimità durante le giornate trascorse insieme”; i bambini le hanno illustrate con i loro disegni. Così l’ABC racconta la “ricchezza e la varietà di un vocabolario che attraversa epoche, paesi, dialetti, che può cambiare da un territorio all’altro, insieme italiano e romanes, lingue per uomini e donne di domani che reclamano pari dignità e riconoscimento, in ogni tempo e in ogni dove”.
Come racconta Vinicio Ongini, (della direzione generale ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione), che ha recensito il libro per la rivista della Giunti “Sesamo”, gli alunni rom sono sessanta, le famiglie provengono da paesi della ex Iugoslavia e vivono in un campo non autorizzato vicino alla scuola, in condizioni sanitarie molto precarie. Anna Di Mattia, insegnante della scuola primaria, riporta Ongini, ricorda come “all’inizio le famiglie napoletane non vedevano di buon occhio il gran numero di bambini rom presenti in classe. Nel corso del tempo le cose sono cambiate e i genitori hanno accettato ‘questi diversi’. Da un lato ci sono bambini rom che hanno voti buoni e dall’altro bambini napoletani, alcuni con problemi familiari gravi, che non raggiungono la sufficienza. Le famiglie italiane hanno capito che lo scarso rendimento dei figli non è dovuto alla presenza degli alunni rom che frequentano la stessa classe”. (Il redattore sociale)
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