Nell’arena della pedagogia si sta combattendo una battaglia sotterranea, una contesa che determinerà il volto dell’istruzione futura.
Il sistema scolastico sembra naufragare nell’oblio, rimanendo indietro rispetto alla vorticosa evoluzione dei tempi, dimenticando di integrare i nuovi linguaggi e metodi di comunicazione. Si dibatte incessantemente su cosa sia appropriato insegnare e cosa no, su quali opere letterarie mantengano la loro rilevanza e su quanto sia necessario “potare” argomenti per allinearli agli interessi delle nuove generazioni. Queste, tuttavia, sono solo giustificazioni.
Un educatore di grande valore sa rendere persino la fotosintesi clorofilliana un affascinante viaggio di scoperta. La chiave risiede nell’impegno per scoprire il modo giusto di avvicinarsi ai giovani, che, e lasciatemi ribadire: sempre, sono voraci esploratori di conoscenza.
Essi richiedono di un’ampia varietà di strumenti, argomenti, linguaggi, tecniche e approcci, sempre in continua evoluzione, proprio come il progresso e il mondo che li circonda. Mentre l’esterno sembra esser diventato un iperspazio guidato da intelligenze artificiali e multiversi, aprendo le porte alla tanto discussa quarta rivoluzione industriale, il nostro sistema scolastico sembra ancorato ai principi della Riforma Gentile.
È ora di gridare “basta”. Proprio mentre stiamo per spalancare le porte a un universo digitale e progettare il primo smartphone con videochiamate in realtà aumentata, le scuole italiane stanno ancora bandendo i telefoni da aule e gite, demonizzando l’idea di Chat GPT, limitando l’uso dei computer senza capire che questi diverranno indispensabili per la nostra quotidianità.
La scuola, come primo baluardo nell’orchestrare il ritmo di crescita degli studenti, dovrebbe promuovere un uso sano e costruttivo di queste tecnologie, elaborando piani di insegnamento trasversali che guidino verso un utilizzo corretto dei dispositivi, insegnando che possono diventare preziosi alleati nel lavoro e nel percorso di conoscenza.
La scuola deve aspirare a trasformarsi da territorio ostile, dominato da ansia, paura, frustrazione e insicurezza, a un faro di speranza, in cui ogni studente può rivelare le sue abilità ei suoi talenti, superando le barriere che alcune materie possono presentare. È imperativo eliminare la competizione tra gli studenti, considerare il voto come un metro di misura del progresso individuale e non come un obiettivo da raggiungere a tutti i costi.
Il voto non dovrebbe mai etichettare lo studente, ma essere semplicemente un indicatore del suo percorso di apprendimento.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione che rifletta la società che desideriamo costruire, in cui la cultura e la conoscenza diventino strumenti di progresso, di fratellanza e di solidarietà. Così, è fondamentale rilevare la critica necessaria a quegli insegnanti che salgono in cattedra solo per esorcizzare un tormentato passato scolastico, perché hanno bisogno di sentirsi utili a loro stessi, per colmare mancanze che appartengono al loro vissuto o per nutrire un rapporto malato e perverso con il potere, insegnando con l’unico fine di sostenere un’inutile sensazione di superiorità.
Questa non è la figura dell’educatore di cui abbiamo bisogno. Essi fomentano un’atmosfera di tensione e conflitto che non fa altro che ostacolare l’obiettivo principale: l’apprendimento e la crescita degli studenti.
Vorrei invece celebrare con parole di ammirazione e gratitudine quegli educatori che, in silenzio, sanno cogliere la gioia del frutto del loro lavoro, che si commuovono di entusiasmo quando vedono i loro studenti felici, desiderosi di arrivare a scuola, impazienti di apprendere. Questi sono i veri eroi, i conduttori silenziosi di quella rivoluzione che, lentamente ma inesorabilmente, sta cambiando il volto dell’educazione, salvando vite umane dalla frustrazione e dalla solitudine.
Questi docenti illuminati, che si dedicano con dedizione e amore alla crescita dei loro studenti, sono l’incarnazione vivente dell’istruzione come la desideriamo: una forza di bene, di sviluppo, di solidarietà e di aiuto reciproco.
Grazie a loro, la scuola diventa il luogo in cui ognuno può scoprire e coltivare il proprio talento, può vivere il proprio fallimento come occasione di crescita e non come motivo di vergogna, può sentirsi parte di una comunità che lo accoglie, lo sostiene e lo guida verso il futuro.
Rendo omaggio a questi docenti, che incarnano l’essenza stessa dell’istruzione. Loro stanno costruendo, passo dopo passo, un sistema scolastico che non si limita a impartire nozioni, ma che è realmente in grado di nutrire la mente e l’anima dei giovani che, un giorno, costruiranno il mondo del domani.
Con la loro passione, il loro impegno e il loro amore per l’insegnamento, sono la prova vivente che la scuola può essere molto di più di un semplice luogo di trasmissione del sapere.
Grazie a loro, si sta delineando il profilo di una scuola nuova, pronta a rispondere alle sfide del futuro, a fare di più, a fare meglio, a diventare quel faro di speranza di cui abbiamo bisogno. A loro, va il mio più sincero ringraziamento.
Luca Vittozzi