Alunni

Abbiamo fatto l’integrazione, ma dobbiamo fare ancora l’inclusione

Nell’attuale acceso dibattito culturale e pedagogico sulle scuole speciali suscitato dalle recenti dichiarazioni di Ernesto Galli della Loggia, mi lascia un po’ perplesso il giudizio, a mio avviso, eccessivamente negativo dei più sul loro operato. Infatti, chi scrive non si sente di cancellare troppo sbrigativamente con un semplice “colpo di spugna” la valenza pedagogica e didattica che, nonostante tutto, nel secondo 900, essi hanno avuto per le persone con disabilità

Sei d’accordo tornare alle classi speciali? SONDAGGIO

Da quanto scritto sopra, a scanso di equivoci, va subito sottolineato che lo scrivente non è un “nostalgico” dei tempi delle scuole speciali. Esse costituivano infatti un “libro chiuso” ed un sistema autosufficiente, che collocava i disabili fuori dal mondo e dalla storia e li emarginava.

Dunque, anch’io ho salutato con gioia il superamento del concetto di educazione separata, di memoria gentiliana, per attingere con convinzione a quello montessoriano della co-educazione.

Purtuttavia, ritengo però che la transizione dalla scuola speciale alla scuola di tutti sia avvenuta con troppa improvvisazione, poiché la scuola non è stata preparata adeguatamente ad un compito difficile che, a mio parere, non era ancora pronta a svolgere, e ancora oggi, dopo 47 anni dalla legge 517, non è in grado di svolgere pienamente.

Infatti, nonostante in questi anni la scuola si sia impegnata fortemente per realizzare il processo di inclusione, non si è riusciti a trasformare pienamente quello che per molti anni è stato semplicemente integrazione, od ancora peggio, soltanto un inserimento scolastico. Perché la norma, la 517/1977, ha disposto l’integrazione, ha consentito ai disabili di essere nella scuola, ma non ha fornito loro gli strumenti per includersi, per fare il salto di qualità dall’inserimento-integrazione all’inclusione, cioè alla partecipazione attiva da protagonisti del loro processo di apprendimento.

Parafrasando la famosa frase di Massimo D’Azeglio mi verrebbe da dire che: “Abbiamo fatto l’integrazione, ma dobbiamo ancora fare l’inclusione!” Infatti, gli allievi disabili, ancora oggi, non si sentono parte della comunità scolastica della classe; spesso gli insegnanti disciplinari chiedono ai colleghi di sostegno di portare via dalla classe il ragazzo disabile, ghettizzandolo nelle tristi “aule di sostegno”.

Ciò è avvenuto in quanto, in questi decenni, l’inadeguata formazione degli insegnanti curricolari e la mancanza di un adeguato “sostegno del contesto” agli alunni/studenti con disabilità (che è poi l’autentico “pilastro portante” della 517/77) ha provocato la più grave delle storture e distorsioni dell’inclusione scolastica nel nostro Paese che è quella della deriva verso la delega al solo docente di sostegno del processo d’inclusione degli allievi disabili, indipendentemente dalle loro competenze specifiche.

Non serve l’insegnante specializzato, se, come sovente accade, essi sono impreparati, hanno una formazione solo “general-generalista” e, conseguentemente, non possiedono competenze specifiche sulla disabilità uditiva, visiva e quella intellettiva.

Occorre invece garantire agli studenti disabili una formazione generalizzata sulle singole disabilità di tutto il personale scolastico e, soprattutto, il “sostegno del contesto”, con la fornitura di servizi di sostegno efficaci e funzionali al successo formativo, la flessibilità del curricolo, la personalizzazione dell’insegnamento, una metodologia individualizzata che tenga conto dei loro reali ed effettivi bisogni educativi, ed ancor di più, la formazione ed il riconoscimento giuridico di figure professionali specifiche deputate al loro processo d’inclusione (Assistenti alla comunicazione e Tiflologi).

Per rendere il contesto veramente “inclusivo” per gli studenti disabili, infine, non va neppure trascurata la DM del 27-12-12 sui BES, che ha istituito i Centri Territoriali di Supporto (CTS) definendone pure i compiti, facendo assumere loro un ruolo sempre più attivo nel processo di inclusione.

L’apertura nel 2016 presso i CTS degli Sportelli Autismo ha costituito poi un ulteriore fatto assolutamente positivo di collegamento tra la scuola, le famiglie e le associazioni che le rappresentano, un’esperienza, questa, che meriterebbe di essere estesa, in collaborazione con le Associazioni delle persone con disabilità, aprendo sportelli riferiti ad altre tipologie di disabilità e garantendo ai ragazzi disabili davvero un effettivo contesto inclusivo.

Gianluca Rapisarda

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