“Quelli sotto la quarantina sono il 12% alle elementari, il 13 alle medie, l’8 alle superiori. Sono dati immensamente diversi da quelli del resto del mondo. Basti dire che maestri e professori sotto i cinquant’anni («in due occasioni di compleanno ci si sente improvvisamente decrepiti: a diciannove anni e a cinquanta», ha scritto Gesualdo Bufalino) non arrivano ad essere secondo l’Ocse, nel complesso della nostra scuola, neppure la metà: il 48%. Tutti gli altri stanno sopra. E quelli sopra la sessantina sono addirittura l’11% alle elementari, il 13% alle superiori e il 15% alle medie. Tanto per capirci: 6 punti sopra la media dei Paesi Ocse e 7 (quasi il doppio) sopra la media delle altre nazioni europee. Per non dire della Spagna, del Giappone, dell’Irlanda, del Canada o del Belgio: i nostri «vecchi» sono il quadruplo”.
Il desolante quadro sull’età dei docenti italiani arriva, il 24 gennaio, sulle pagine del Corriere della Sera, a firma di Gian Antonio Stella. L’articolo contiene anche un’anteprima, che conferma il trend negativo. Riguarda l’«Annuario scienze società» 2015 di Observacurato da Giuseppe Pellegrini e Barbara Saracino: “uscirà a metà febbraio per il Mulino, ha una tabella su dati Eurostat-Teaching staff che mette i brividi. È sugli insegnanti con meno di quarant’anni nelle scuole secondarie di primo e secondo grado (tradotto nel linguaggio comune: medie e superiori) in tutta Europa. Con un umiliante 10,3% siamo ultimissimi. Austria e Germania ne hanno due volte e mezzo più di noi, Spagna e Francia il triplo abbondante, il Belgio il quadruplo, la Gran Bretagna il quintuplo”.
«La struttura per età», spiega l’associazione TreeLLLe presieduta da Attilio Oliva, «ci racconta la storia delle politiche di reclutamento del corpo insegnante. I dati mostrano una più ampia incidenza della quota dei 50-59enni evidentemente entrati negli anni ‘80, che “schiaccia” gli ingressi delle corti più giovani, costituite dai neolaureati. Stupisce che anche la scuola primaria, in passato luogo d’ingresso di giovani insegnanti meno che trentenni, oggi a seguito dell’introduzione dell’obbligo di possesso di un titolo universitario in combinazione con la mancata apertura dei canali di reclutamento, vede la scomparsa di insegnanti giovani»”.
Il confronto con il resto del vecchio Continente è a dir poco sconfortante. “Nel decennio dal 1998 al 2009 – scrive ancora Stella – i maestri britannici e francesi sono «ringiovaniti» da un’età media di 41 anni e mezzo a 40 e mezzo, i nostri invecchiati da 44,5 a 47,5. E dal 2009 a oggi questa età media è salita ancora fino a 53 anni e 3 mesi nella scuola primaria e addirittura a 54 in quella dell’infanzia. Il che significa un gran numero di «nonne» sessantenni, magari con le caviglie gonfie e il fiatone, chiamate ciascuna per ore a gestire venti «nipotini». A volte, un inferno”.
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Nel fare il punto della situazione, si analizzano anche i dati indicati nelle linee guida della “Buona Scuola”, dove si calcola l’età media dei prossimi neo-assunti: “41 annie «diventa chiaro che la loro assunzione consentirà di ringiovanire sensibilmente il corpo docente». E anche di renderlo, viste le percentuali di donne, ancora più femminile. Difficile definirla però, come ricordava il Corriere , «un’iniezione di giovinezza».
Lo dice lo stesso grafico del documento governativo, dove spiccano le assunzioni anche di precari sessantacinquenni… Persone che sono certamente in credito con lo Stato chiamato a saldare il suo debito, come ci ha ricordato l’Europa, dopo decenni di caos, rattoppi e sanatorie. Ma anche, stando alle denunce del sito voglioilruolo.it , maestri e professori che ormai se l’erano messa via e magari hanno perduto da anni la confidenza con le aule, la lavagna, il rapporto con gli allievi. Si sono aggiornati? Possiedono le competenze d’inglese e informatica richieste dalla legge Profumo? Hanno continuato incessantemente a studiare o hanno buttato rabbiosamente i libri in un angolo?”.
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