La nota dello scorso 2 aprile pubblicata dal Ministero in merito alle abilitazioni in Romania, ha scosso una fetta di precari e aspiranti docenti che dopo aver ottenuto il titolo di abilitazione nello stato della Romania attendono che questo venga riconosciuto in Italia. La nota, tuttavia, può essere considerata una sorta di doccia fredda per tutti gli aspiranti, che già stanno attivando la macchina dei ricorsi.
Come avevamo già riferito, la nota del Miur argomenta il fatto che i titoli rumeni, non essendo considerati sufficienti per l’esercizio della professione di insegnante in Romania, non possono di conseguenza essere fatti valere a tal fine nemmeno in territorio italiano.
Inoltre, per quanto riguarda invece la specializzazione sul sostegno, secondo il Ministero non ci sarebbe corrispondenza tra l’ordinamento scolastico italiano e quello rumeno, in cui i soggetti con disabilità frequentano apposite scuole speciali, a differenza di quanto avviene in Italia con l’integrazione nelle classi comuni degli alunni disabili o con bisogni educativi speciali.
Il risultato: tutte le richieste di riconoscimento dei titoli rumeni per l’abilitazione all’insegnamento e per la specializzazione sul sostengo, saranno respinte.
Quello che si chiedono migliaia di aspiranti è: ma è legittimo tutto ciò? Per rispondere, abbiamo sentito il parere dello studio legale Leone-Fell, che ha seguito la vicenda da vicino. I legali hanno fatto notare come tale nota sia “illegittima, poiché viola diverse disposizioni europee e nazionali, causando un pregiudizio per le migliaia di docenti che hanno conseguito l’abilitazione in Romania”.
Prima di tutto, lo studio ritiene che “il presupposto da cui parte il Miur è il provvedimento delle autorità Rumene, che riconosce una differenza tra i certificati recanti la dicitura Direttiva 2005/36/CE e quelli privi di tale indicazione. Peccato che tale presupposto sia privo di fondamento poiché, come chiarisce la Commissione europea, è lo stato ricevente a dover “decidere” non quello in cui l’abilitazione è stata ottenuta”.
Infatti lo stato rumeno non ha rilasciato il certificato richiesto dal Miur, senza il quale quest’ultimo non può riconoscere l’abilitazione. La conseguenza di questo rimbalzo di competenze è che appunto tantissimi aspiranti sono rimasti senza riconoscimento del titolo.
La Commissione europea, in risposta ad un esposto portato avanti dagli avvocati, precisa che, secondo la giurisprudenza relativa al caso Morgenbesser, “spetta all’autorità competente (in questo caso all’Italia, ndr) verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle citate sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi”.
Pertanto, nel caso di mancata assoluta identità fra i titoli, il Ministero non può rifiutarsi di riconoscere il titolo estero, ma deve predisporre una misura compensativa per colmare il gap mancante. Inoltre, un’altra critica mossa dallo studio legale, che sostengono sulla base della risposta della Commissione Europea, è quella relativa al fatto che bisogna verificare caso per caso e per questo individuare una misura compensativa ad hoc. Non si potrebbe quindi, liquidare la vicenda abilitazioni in Romania con una nota che comprenda indiscriminatamente tutte le situazioni.
In seguito alla nota pubblicata dal Ministero, abbiamo provato a contattare gli uffici di Viale Trastevere per avere un ulteriore chiarimento sulla vicenda. Tuttavia, fino ad oggi, non abbiamo ricevuto alcun riscontro da parte del Ministero dell’Istruzione.
A rischio migliaia di precari delle graduatorie di istituto, delle GaE ed i vincitori del concorso riservato agli abilitati del 2018, che attualmente stanno nella graduatoria del FIT, che potrebbero vedere vanificati gli sforzi degli ultimi anni, compresi i sacrifici economici sostenuti da chi ha deciso di ottenere un’abilitazione insegnamento in Romania, nella maggior parte dei casi perchè stufi di attendere i tempi biblici dello Stato Italiano per far partire nuovi corsi di abilitazione.
In un’intervista pubblicata su questa testata lo scorso 30 settembre, abbiamo riportato l’esperienza di una docente, laureata in Economia e Commercio nel 2004 all’Università di Catania, poi si è abilitata all’insegnamento qualche anno dopo frequentando il Pas all’Università Kore di Enna, che ha raccontato le difficoltà nell’ottenere il riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno conseguito in Romania da parte dello Ministero.
Inoltre, la docente ha evidenziato la bontà del percorso formativo intrapreso, andando a smentire, almeno per quel che riguarda la sua esperienza personale, le voci secondo le quali si va in Romania per trovare scorciatoie per l’insegnamento.
La vicenda dell’abilitazione insegnamento in Romania risulta davvero ingarbugliata: da un lato il Ministero vuole prendere le distanze da un percorso formativo, come quello della Romania, che non rispecchierebbe la formazione adeguata per diventare insegnante in Italia.
Dall’altro lato, però, c’è la direttiva 2005/36/CE, che riconosce la possibilità di conseguire titoli negli stati membri dell’Unione Europea da farsi riconoscere nella propria nazione, che spesso sopperiscono alle lentezze burocratiche e politiche della macchina amministrativa italiana.
Se il patriarcato non c’entra, ma c’entra il fenomeno degli stranieri che stanno arrivando in…
Un nostro affezionato lettore, docente in un Istituto Comprensivo in cui vige la settimana corta,…
Ancora censure nelle scuole degli Stati Uniti : in Florida sono tantissimi i libri che…
Ormai manca poco all'attesissima pubblicazione del prossimo bando del concorso docenti 2024. Come ha già…
Nella puntata del daytime di oggi, 19 novembre, del talent show Amici, in onda su…
La fotografia delle scuole siciliane, che emerge da una ricognizione effettuata dalla Cgil, non è…