Nuovo capitolo in merito all’annosa vicenda dell’abilitazione insegnamento in Romania. Il Tar Lazio ha giudicato valido il titolo ottenuto da alcuni candidati esclusi inizialmente dal concorso docenti abilitati del 2018.
La vicenda, come accennato in precedenza, nasce dall’esclusione di alcuni candidati al concorso docenti 2018 riservato a chi era in possesso dell’abilitazione.
I ricorrenti sono stati quindi riammessi al concorso Fit 2018, in ragione del diritto degli stessi a svolgere la professione di docente in Italia, fanno sapere gli avvocati Bongarzone e Zinzi di ricorsiscuola.it, che hanno seguito la vicenda.
Si tratta di una sentenza controcorrente rispetto alle precedenti emesse dai tribunali amministrativi. Per questo motivo potrebbe “fare giurisprudenza” e divenire un riferimento. Secondo il Tar Lazio: “il ricorrente risulta aver depositato certificato che attesta l’avvenuto riconoscimento in Romania del titolo di studio conseguito in Italia. Ne discende, da un lato, l’inapplicabilità della citata circolare e, dall’altro, che una diversa conseguenza sarebbe lesiva e discriminatoria della posizione dei ricorrenti, in quanto un cittadino rumeno che consegue titolo di studio e specializzazione in Romania avrebbe diritto a insegnare in Italia, mentre un soggetto che ha conseguito il titolo di studio in Italia, con riconoscimento della idoneità del percorso di studi all’insegnamento attestato dall’autorità rumena, e la specializzazione in Romania, non potrebbe farlo. Ne discende che il ricorso deve trovare accoglimento con annullamento dell’atto impugnato…”
D’altro canto, la circolare Miur del 2 aprile 2019, citata anche dall’odierna sentenza, resta ancora un orientamento ufficiale: i titoli di abilitazione all’insegnamento e di specializzazione sul sostegno ottenuti in Romania, non sarebbero validi per diventare insegnante in Italia. Almeno, questa è la tesi sostenuta dal Ministero dell’Istruzione.
La nota, specifica che i titoli romeni, non essendo considerati sufficienti per l’esercizio della professione di insegnante in Romania, non possono di conseguenza essere fatti valere a tal fine nemmeno in territorio italiano.
Fra le maggiori critiche all’amministrazione, ci sarebbe una traduzione erronea delle parole del Ministero rumeno effettuata dal Miur. La vicenda, quindi, è tutt’altro che chiusa, anche se la sentenza del Tar Lazio, di segno diverso alle precedenti, potrebbe a questo punto far prendere una direzione futura. Il condizionale, comunque è d’obbligo, dato che gli sviluppi non tarderanno ad arrivare.
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