Novità per i docenti abilitati Romania: il Consiglio di Stato, attraverso una sentenza di merito, ribalta l’orientamento precedente del Tar Lazio, sospendendo di fatto la sentenze di primo grado.
La vicenda da cui scaturisce la sentenza nasce dall’esclusione di alcuni candidati al concorso docenti 2018 riservato a chi era in possesso dell’abilitazione.
Candidati che avevano però, appunto, l’abilitazione in Romania.
Nelle scorse settimane anche lo stesso Tar Lazio era tornato sulla questione, ribaltando la prima pronuncia sfavorevole.
“Non ci fermeremo fino a quando i circa cinquemila docenti non otterranno il riconoscimento dell’abilitazione”, dichiara Gaetano Giordano, del sindacato SI.NA.L.P.
Il Consiglio di Stato, si legge su dirittoscolastico.it, “Considerato che, all’esito di una delibazione tipica della fase cautelare ed in coerenza ai precedenti da ultimo resi dalla sezione (cfr. in specie ord.za n. 6423 del 2019), sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare ; che, secondo quanto già evidenziato dalla sezione in tali precedenti, alla luce della documentazione in atti, gli istanti sembrerebbero – ad una prima deliberazione e nelle more del necessario approfondimento di merito – avere conseguito le certificazioni delle competenze per l’esercizio della professione di insegnante abilitato all’insegnamento in Romania (in particolare il diploma conseguito in Romania che consente di insegnare previo possesso di un titolo di laurea che può essere, naturalmente, secondo i principi del diritto comunitario, conseguito anche in altri Paesi UE)”;
Sul tema abilitati in Romania, pesa la circolare Miur del 2 aprile 2019, che resta ancora un orientamento ufficiale: i titoli di abilitazione all’insegnamento e di specializzazione sul sostegno ottenuti in Romania, non sarebbero validi per diventare insegnante in Italia. Almeno, questa è la tesi sostenuta dal Ministero dell’Istruzione.
La nota, specifica che i titoli romeni, non essendo considerati sufficienti per l’esercizio della professione di insegnante in Romania, non possono di conseguenza essere fatti valere a tal fine nemmeno in territorio italiano.
Fra le maggiori critiche all’amministrazione, ci sarebbe una traduzione erronea delle parole del Ministero rumeno effettuata dal Miur. La vicenda, quindi, è tutt’altro che chiusa, anche se la sentenza del Tar Lazio, di segno diverso alle precedenti, e quella del Consiglio di Stato, potrebbero a questo punto far prendere una direzione diversa rispetto a oggi.
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