L’abilitazione all’insegnamento deve essere considerata valida con il possesso della laurea magistrale ed i 24 CFU. E’ quanto prevede la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, del 22.03.2019, che ha sancito, appunto, il valore abilitante dei titoli in possesso di una docente. Per il giudice, l’insegnante deve essere inserita a pieno titolo nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, proprio la lista che comprende i docenti in possesso dell’abilitazione.
Il Tribunale di Roma, ha statuito infatti che “…La ricorrente è in possesso di un titolo abilitante all’insegnamento costituito dal diploma di laurea e dai 24 cfu …”
Le motivazioni che hanno spinto il Giudice ad emettere la decisione sono fondate su una “interpretazione costituzionalmente orientata” del complesso e variegato sistema normativo scolastico, riferisce lo studio legale B&Z.
Il giudice di Roma ha sancito un principio copernicano: l’abilitazione all’insegnamento è una mera procedura di reclutamento non prevista dalla normativa dell’Unione Europa ed il titolo di laurea unitamente ai 24 Cfu rappresentano il nuovo titolo di “abilitazione”.
Si evince dal testo della sentenza che “una procedura amministrativa – quale quella del conseguimento di Tfa, Pas e SSIS, non possa e, ancor più, non debba compromettere l’accesso garantito dalle qualifiche professionali acquisite dai docenti” e che “vanno disapplicate tutte le disposizioni emanate dal Ministero che prevedono l’abilitazione quale requisito per accedere alle graduatorie ad esaurimento ed alla fase del concorso …”.
La sentenza evidenzia la non conformità del diritto interno alla norma sovranazionale: “pertanto è indispensabile … evidenziare la sostanziale irrilevanza della cd. abilitazione all’insegnamento”.
La direttiva 2005/36/CE impone, assieme al relativo Decreto attuativo, il possesso di una qualifica professionale idonea al fine di esercitare una professione regolamentata, come l’insegnamento appunto. Tale qualifica risulta essere il requisito necessario e sufficiente per la docenza. I titoli conseguiti in Italia rientrano nel novero dei titoli di formazione indi di qualifica professionale.
Pertanto, l’importanza storica della sentenza del Tribunale di Roma incide sulla possibilità di tutti coloro che oltre al diploma di laurea hanno anche conseguito i 24 crediti di accedere ai ruoli della scuola.
La sentenza del Tribunale di Roma sembra seguire il nuovo corso del reclutamento della scuola secondaria: infatti, come sappiamo, per accedere al prossimo concorso docenti 2019, sarà necessario possedere la laurea magistrale ed i 24 CFU, aprendo quindi le porte dei concorsi ai non abilitati, tanto che chi supera le prove con il minimo punteggio diviene abilitato all’insegnamento.
La legge di bilancio prevede infatti che: “Il superamento di tutte le prove concorsuali, attraverso il conseguimento dei punteggi minimi di cui all’articolo 6, costituisce abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso”.
Ciò vuol dire che se si partecipa al prossimo concorso docenti 2019 e si superano tutte le prove concorsuali, ottenendo i punteggi minimi previsti, si diventa abilitati all’insegnamento per quella data classe di concorso.
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