Alla fine il Miur ha detto stop al fiorente “mercato” delle abilitazioni conseguite all’estero: la decisione è giunta attraverso un avviso stringato, ma comunque chiaro, firmato dal Dipartimento per l’Istruzione direzione generale per gli ordinamenti e per l’autonomia scolastica, datato 3 febbraio 2011 e pubblicato il giorno successivo sul sito internet ministeriale, attraverso cui il ministero dell’Istruzione spiega che in attesa dei dovuti accertamenti, la loro acquisizione, oltre confine, non comporterà più l’inserimento nelle graduatorie d’istituto per abilitati e ad esaurimento.
“Si segnala la presenza in internet – si legge nell’avviso del Ministero – di numerose offerte formative, rivolte esclusivamente a cittadini italiani laureati, per il conseguimento di abilitazioni all’insegnamento di altri Paesi comunitari. Le abilitazioni così conseguite non appaiono conformi ai principi della Direttiva comunitaria 2005/36“. L’amministrazione scolastica comunica, inoltre, di aver “avanzato richieste di chiarimenti alle autorità competenti dei Paesi comunitari interessati. In tale attesa, i riconoscimenti di formazione professionale così conseguiti sono sospesi“.
La notizia farà sicuramente piacere ai sindacati, in particolare alla Fgu-Gilda degli insegnanti e l’Anfis, l’Associazione nazionale formatori insegnanti supervisori, che in più occasioni hanno chiesto di dire basta alla tendenza di conseguire con facilità l’abilitazione all’insegnamento, come già accade per altre professioni, rimediando oltre confine.
Sono significative, in questo senso, le parole espresse dal coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, Rino Di Meglio, in occasione dell’aggiornamento delle ultime graduatorie ad esaurimento: Di Meglio aveva definito “grave è l’inserimento ‘a pettine’ dei cittadini italiani in possesso di abilitazioni conseguite all’estero: si tratta di abilitazioni che non sono equiparabili a quelle italiane. Si cita quale esempio le abilitazioni spagnole, che si conseguono con due sessioni di 45 giorni e che sono ormai oggetto di vendita direttamente in Italia , sia a Roma che a Milano”.
Nella stessa occasione l’Anfis chise, in difesa dei docenti formatori, un intervento del ministro Gelmini: sarebbe “un atto di onestà intellettuale – comunicò nell’occasione il sindacato – provvedere, da parte dello stesso Ministro, affinché non vengano permesse disparità di alcun tipo nell’accesso alle graduatorie di prossima apertura, ponendo attenzione alla qualità degli standard dei percorsi abilitanti nei singoli Paesi europei e, di conseguenza, alla loro corrispondenza con quelli vigenti in territorio italiano“. A distanza di quasi due anni è arrivata la risposta che volevano.