Continua fare discutere il Dpcm sul nuovo reclutamento, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che definisce i nuovi percorsi di formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria di I e II grado “ai fini del rispetto degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e Resilienza”, firmato lo scorso luglio e poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 settembre.
Le critiche al dispositivo, pubblicato con oltre un anno di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale prevista del decreto 36/22 e poi dalla Legge 79 del 29 giugno 22, stavolta giungono da Meritocrazia Italia, la struttura nata per “ridare voce a l’Italia che Merita, perchè siamo convinti che le energie del Paese siano elevate e di prestigio e che sia giusto offrire un messaggio di speranza e positività”.
Il problema, sostiene la struttura meritocratica, è che le Università bandiranno dei corsi a numero chiuso, la cui quantità numerica varierà sulla base del fabbisogno del territorio e per questa importante selezione ancora non sarebbero state specificate le modalità di accesso.
Per conseguire l’abilitazione all’insegnamento, i corsisti saranno sottoposti all’obbligo di frequenza per partecipare ai corsi formativi, cui seguiranno il tirocinio e due prove finali (una scritta e l’altra orale).
Premesso che vi è una forte “necessità di qualificare la formazione per consentire ai lavoratori di acquisire le competenze necessarie a svolgere il proprio ruolo”, Meritocrazia Italia “accoglie quindi favorevolmente l’iniziativa di introdurre corsi che contribuiscono alla crescita delle professionalità che operano nella scuola. La formazione, però, è un diritto dei lavoratori e dei precari e deve essere accessibile a tutti“.
E su questo punto Meritocrazia Italia diventa molto critica: punta il dito sulla scelta di “non finanziare le attività di formazione con risorse dedicate, facendo ricadere gli oneri formativi su docenti precari e studenti. Senza contare l’eccessiva onerosità dei percorsi: i costi attualmente previsti variano da 2.000 euro per i corsi da 30 cfu/cfa a 2.500 euro per i corsi da 60 cfu/cfa, a cui va aggiunta la quota di 150 euro destinata alle prove finali”.
C’è anche il problema di tempi per abilitarsi diventati davvero troppo lunghi. “A parte gli aspetti tecnici descritti con diverse casistiche che non facilitano molto la comprensione delle singole realtà – scrive la struttura meritocratica -, non si può non evidenziare il ritardo con il quale questo provvedimento, atteso sin da luglio 2022, viene emanato, sottolineando anche la difficoltà di rispettare le tempistiche previste per percorsi che dovrebbero concludersi entro maggio 2024, con attivazione prevista entro il 28 febbraio prossimo”.
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