Faccio riferimento all’articolo pubblicato su questa testata sulla valutazione, i contenuti ivi esposti sono sicuramente condivisibili, ma non tengono conto della realtà quotidiana vissuta dai docenti.
Per spiegarmi meglio, farò un esempio concreto. Sono un insegnante di scuola primaria e quest’anno ho lavorato in una classe prima, quindi con bambini di 6-7 anni. Il documento di valutazione, ovvero la famigerata pagella, consiste in due parti: nella prima vengono riportati i voti in ciascuna materia, suddivisi per quadrimestri, nella seconda troviamo poche righe in cui gli insegnanti devono fare i salti mortali per esprimere dei giudizi sintetici sugli alunni, che tengano conto di una molteplicità di fattori: grado di socialità, rispetto delle regole, partecipazione attiva, eccetera.
Ebbene, questi giudizi vengono completamente ignorati dai genitori quando vengono a ritirare il documento. Per essi conta una cosa sola: il voto, che naturalmente deve corrispondere alle loro aspettative. Nella mia classe abbiamo avuto il caso di una madre che è rimasta malissimo perché sua figlia non ha avuto tutti dieci, ma udite, udite… ben due nove! Inutilmente le abbiamo spiegato che non doveva dare importanza a questi numeri, ma alla valutazione complessiva espressa sia nel giudizio, sia nei nostri colloqui durante l’anno scolastico. La signora è andata via infuriata, ed essendo membro del consiglio di circolo naturalmente ha protestato con il dirigente. Ripeto, parliamo di un’alunna di prima elementare!
Non so se sia ben chiaro quale influenza abbiano oggi le famiglie degli alunni all’interno della scuola. Vi sono situazioni in cui la loro invadenza supera ogni limite, spingendosi a contestare ogni aspetto della vita scolastica, comprese le scelte didattiche dei docenti, che in molti casi risultano condizionate dal timore di diventare “sgraditi” e di essere richiamati dai dirigenti.
Ma il momento della “resa dei conti” è quello della valutazione, quando il docente è obbligato a racchiudere in un numero il percorso di apprendimento compiuto dall’alunno secondo “criteri oggettivamente misurabili” (prove di verifica), che devono naturalmente essere esibite a richiesta per giustificare il voto finale e devono corrispondere ad una perfetta media matematica.
Diventa così davvero difficile valutare l’alunno secondo i criteri esposti nell’articolo citato, pur se corrispondenti ai criteri di una didattica innovativa e metacognitiva che ha i suoi punti di riferimento nell’opera di grandi pedagogisti, come Vigotskij o Gardner.
In quanto ad una maggiore presenza degli psicologi nelle scuole, credo sia sacrosanto istituire in ognuna di esse uno sportello psicologico, ma eviterei al corpo docente ulteriori “pressioni”. Sono già in tanti, dai dirigenti ai genitori, dagli ispettori ai formatori, che ci spiegano quello che dobbiamo fare. E se il nostro stress derivasse proprio da questo?
Piuttosto liberateci dal voto! Aboliamolo subito, per una scuola migliore.
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