Il senatore Pd Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review
Continua il tira e molla sulla legge Fornero. I due leader dei partiti che hanno primeggiato in occasione delle ultime elezioni politiche continuano dichiarare che i requisiti devono tornare quelli della riforma Amato, con l’uscita dal lavoro attorno ai 63 anni: lo ha detto Luigi Di Maio (M5S); dello stesso parere è Matteo Salvini (Lega Nord), che ha ribadito il concetto proprio nelle ultime ore. Il leader del Carroccio ha aggiunto, rifiutando l’idea di un Governo di scopo, che “se uno dicesse cambiamo la legge elettorale, ma anche la legge Fornero, riguardiamo il lavoro e le pensioni va bene. Fare invece un governo che si occupi solo di legge elettorale, no per carità”. Tuttavia, ci sono anche degli economisti che sostengono l’esatto opposto: i requisiti pensionistici non si toccano, perché risultano indispensabili per gli equilibri finanziari del Paese.
Tra questi figura Carlo Cottarelli, esperto del Fondo Monetario Internazionale, che durante un faccia a faccia con Giovanni Minoli, tenuto domenica 8 aprile su La7, ha tenuto a sottolineare che abolire la legge Fornero ci costerebbe “per i primi anni almeno 15 di miliardi l’anno. Bisognerebbe trovare le coperture, ma non è facile”.
Parlando della flat tax, “sembra un po’ difficile fare tutte e due le cose”, ha detto Cottarelli replicando alla domanda del conduttore.
L’ex commissario alla spending review, inoltre, ha detto che “poi dipende naturalmente da come si scrivono i provvedimenti e si possono sempre trovare le coperture. Il debito non deve essere ripagato, deve scendere rispetto al Pil. Se il rapporto tra debito e Pil scende, bisogna evitare il numeratore cioè che aumenti il debito. Non si può fare aumentando il deficit sperando che questo faccia crescere l’economia. Bisogna che il Pil cresca, perché si fanno riforme strutturali”, ha concluso Cottarelli.
Insomma, secondo l’economista i conti pubblici, già in rosso, parlano chiaro: il Paese non può permettersi di mandare in pensione i lavoratori due-tre anni prima. Peccato che per mesi l’80 per cento dei politici, nel corso della campagna elettorale, ci hanno detto l’esatto opposto.
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