Categorie: Alunni

Abolire la traduzione dei classici agli esami di stato?

«La lettera uccide, lo spirito vivifica». Tradurre dieci o quindici righe senza alcuna contestualizzazione storica e concettuale non ha senso. Se l’insegnamento delle lingue classiche tornasse ad avere un significato culturale, e non fosse sommerso da quella che un grande latinista chiamava «la melma della grammatica imbecille», forse sarebbe meno sgradito agli studenti.

Traduzione, riporta Il Sole 24 Ore, dunque intesa come arte, come attraversamento e trasfigurazione dell’originale, come creazione di secondo grado; nulla a che vedere con l’ossessione scolastica della traduzione “letterale”, il più delle volte illeggibile in italiano.

Infatti «la nostra voce non è la loro voce», la parola dell’antico è per noi definitivamente lontana ed irrevocabile; dunque la fedeltà, l’esattezza, la «letteralità» della traduzione non sono che illusione, schermo, simulacro.

 

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Qual è, in concreto, il fine che ci si può prefiggere nell’insegnamento liceale delle lingue classiche? Formare donne e uomini di buona cultura, o almeno non privi di una qualche curiosità intellettuale, che non diventeranno  filologi classici, ma che sappiano, dato un testo classico con una buona, e moderna, traduzione a fronte, individuare, a partire da un determinato passo della traduzione, l’espressione corrispondente nel testo originale: per poterla assaporare, per farla risuonare intimamente dentro di sé, proprio secondo quella lettura «impressionistica», «soggettiva», «astratta» che, pur tanto avversata dall’accademismo e dal tradizionalismo, ha,  sempre costituito la vera essenza, l’esperienza autenticamente vissuta, della ricezione e della trasmissione di un patrimonio culturale.

Da qui, si legge sempre sul Sole 24 Ore, il fascino della «traduzione contrastiva»: confrontare diverse traduzioni, di epoche diverse, mettendone in luce i presupposti culturali, i contesti storici, gli esiti interpretativi, le manifestazioni individuali dell’interpretazione come forme molteplici di una creazione di secondo grado; e facendo risaltare, attraverso questo prisma, la versicolore pluralità di sfumature dell’originale.

La traduzione contrastiva non esclude affatto la conoscenza della lingua dell’originale; al contrario, la presuppone, ed esige che essa sia più mobile e viva e versatile rispetto a quella richiesta dalla traduzione univoca; ma libera tale conoscenza dall’ossessione grammaticale, e dal feticcio soffocante della traduzione fedele, e perciò sostanzialmente unica.

«Rendere liceo classico tutta la scuola, cioè la scuola di massa», è pura utopia. La scuola dell’obbligo ha altre priorità. Essa deve cercare di prevenire l’abbandono scolastico, la deriva sociale, l’illegalità. E insegnare l’italiano, prima che il greco e il latino, ai tanti alunni stranieri. Il che non significa affatto fare della scuola di massa un immenso ghetto; ma farne, al contrario, porta d’accesso alla nostra civiltà e alla nostra cultura – o a quel poco che ne resta.

Pasquale Almirante

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