Il prof di Matematica garantiva voti alti alle sue studentesse, ma in cambio pretendeva che frequentassero le lezioni di approfondimento, allestite pure a casa sua, e in tali occasioni le molestava sessualmente: la Cassazione non ne ha voluto sapere ed ha confermato i dieci anni di reclusione inflitti in appello. Confermando in pieno anche i reati di concussione e violenza sessuale nei confronti delle sue studentesse minorenni di un istituto magistrale di Cagliari.
Le molestie del professor Marcello Melis, riferisce l’Ansa, sono andate avanti dal 2004 al 2009 : “dava lezioni individuali di matematica nel pomeriggio a casa sua e a scuola – scrive l’agenzia di stampa – nell’ambito del progetto ‘Sportello didattico’ del liceo ‘Eleonora d’Arborea’ molestando le ragazze in cambio di voti alti e sotto la minaccia di mostrare ai genitori le foto che scattava durante gli incontri. La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso del docente cinquantenne che sosteneva di non aver coartato la volontà delle ragazzine che, secondo i suoi legali, sceglievano liberamente di frequentare le lezioni per avere buoni voti”.
A denunciare Melis sono stati altri docenti del liceo, venuti a conoscenza delle violenze, mentre le ragazze nel frattempo divenute maggiorenni non si sono costituite parte civile. Per la Cassazione, correttamente “i giudici di merito hanno valutato le difficoltà delle vittime a riferire a distanza di anni fatti così gravi e considerato anche il silenzio serbato e le reticenze verso i professori, che le sollecitavano a denunciare, ma hanno escluso che tali comportamenti mascherassero accondiscendenza”.
Ad aggravare la posizione del docente di Matematica, sono stati i ritrovamenti di diversi “oggetti” e documenti nel suo appartamento: materiale pornografico, manuali di seduzione psicologica, kit per set fotografici e per pratiche erotiche estreme, persino munizioni.
Secondo la Cassazione, “in base alle modalità seriali ed alla valutazione complessiva del compendio probatorio”, è “corretta la qualificazione giuridica dei fatti come concussione e non induzione indebita, avendo i giudici di merito ritenuto incomparabile la natura dei valori in gioco nel conflitto decisionale delle persone offese ed oggettiva la sproporzione di posizione tra il professore e quella di adolescenti immature, non in grado di disporre liberamente, consapevolmente ed in modo adulto della proprio sessualità”.
“Specie tenuto conto – sottolinea la Cassazione nel verdetto 13980 depositato il 26 marzo, udienza dello scorso 15 febbraio – che il consenso delle alunne era viziato dalle blandizie del docente, scientemente utilizzate, e che il ricatto del voto e le minacce più pesanti sul piano personale, erano idonee a coartare la volontà delle vittime e costringerle ad assecondarne i desideri e le perversioni”.
“Piuttosto – si legge ancora nella sentenza della Suprema Corte – erano frutto della paura del professore di rovinarle sul piano scolastico e dei ricatti odiosi di rovinarle sul piano personale, integranti l’abuso costrittivo, nonchè delle minacce evocative di conoscenze tra poliziotti e avvocati che avrebbero garantito l’impunità del professore”, tutte circostanze che – concludono gli “ermellini” – integravano lo stato di “assoggettamento” delle studentesse malcapitate.
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