Abuso di contratti a termine, a Torino il giudice del lavoro risarcisce un precario con 15mila euro
Un’altra sentenza sull’abuso dei contratti a tempo determinato, che fa felice un precario della scuola e riattiva le speranze di altre diverse migliaia che hanno ripercorso la stessa strada del ricorso. Ma che rimane indigesta ai dirigenti dei ministeri dell’Istruzione e dell’Economia, i quali temono che quanto disposto dal giudice possa fare “giurisprudenza”. E mettere a repentaglio i fondi dei due dicasteri. Ad emettere la sentenza è stato il Tribunale del Lavoro di Torino, che ha dato ragione ad un docente precario, con oltre tre anni di supplenze alle spalle, il quale, attraverso i legali dell’Anief Piemonte, rivendicava adeguati rimborsi derivanti dalla mancata equiparazione del servizio svolto a quella di un collega di ruolo: in attesa del testo sulla sentenza, che verrà pubblicato nei prossimi giorni, è molto probabile che il giudice del lavoro non abbia fatto altro che applicare la direttiva 1999/70/CE, indicata dalla difesa del docente, secondo cui non può essere attuata alcuna discriminazione tra il servizio prestato come precario rispetto a quello effettuato dal personale in ruolo.
Attraverso la sentenza, emessa l’8 febbraio scorso, il docente percepirà complessivamente quasi 15mila euro: 3.784,49 euro gli sono stati corrisposti come differenza retributiva per i mancati scatti, 8.932,00 euro pari a cinque mensilità dell’ultimo stipendio come risarcimento danni per mancata stabilizzazione e 1.500 euro come spese legali. Se la decisione del giudice del tribunale di Torino dovesse fare “giurisprudenza”, per Miur e Mef si prospettano rimborsi con moti zeri.
Secondo l’Anief la sentenza di Torino non fa altro che confermare quanto l’amministrazione sia “colpevole di aver fatto cassa sui precari nell’indifferenza dei sindacati rappresentativi, negli ultimi venti anni”. Ma anche che “la causa dell’invecchiamento del corpo docente” (su cui giusto ieri la Commissione Ue si è soffermata, ‘bacchettando’ l’Italia poiché il fatto che addirittura sei insegnanti su dieci hanno più di 50 anni metterà a dura prova il fisiologico turn over ndr) è da attribuire soprattutto “alla perversa politica di reclutamento attuata dall’amministrazione in questi ultimi venti anni, tesa a precarizzare il rapporto di lavoro e a ritardare l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani abilitati (basta pensare ai 100.000 abilitati presso le SSIS negli ultimi dieci anni) con il ricorso sistematico alla supplenza, in luogo dell’assunzione in ruolo, per il funzionamento ordinario delle scuole”. Sotto accusa del sindacato degli educatori in formazione anche la maggioranza dell’ultimo Governo Berlusconi: “ha cercato di coprire questo abuso nello specificare che nella scuola non si applicherebbe la direttiva comunitaria”, dimenticando che “una sentenza della Corte Europea è vincolante per tutti i giudici nazionali. L’Europa – ha concluso l’Anief, ricordando ai docenti che vogliono intraprendere questa strada che hanno tempo solo fino al 29 febbraio – non può essere presa come scusa soltanto per operare i tagli”.