Attualità

Abuso di contratto a termine, maxi risarcimento a una docente precaria

Il Tribunale di Lanciano, con sentenza n. 48 del 13 febbraio 2023, ha condannato il Ministero a versare nove mensilità di stipendio in favore di una docente precaria.

Prosegue la battaglia contro l’abuso di contratto a termine.

La legge n. 124/1999 prevede che nella scuola i concorsi per titoli ed esami siano indetti“ con frequenza triennale”

Sappiamo tutti, però, che il Ministero preferisce tenere i docenti nel precariato piuttosto che assumerli con contratto a tempo indeterminato.

Lo Stato italiano è stato più volte richiamato dalla Corte di Giustizia Europea (CGUE) proprio per questa ragione.

La sentenza “Mascolo”.

Si ricorderà che la Corte Europea con la “sentenza Mascolo” del 26 novembre 2014 aveva bacchettato lo Stato italiano per l’abuso nel ricorso al contratto a termine nel settore scuola, in quanto aveva accertato che i concorsi non venivano più indetti da oltre 10 anni, preferendo così lasciare nel precariato migliaia di docenti.

La legge n. 107/2015

Il Governo italiano – sulla spinta di tale sentenza- si trovava costretto a varare la legge n. 107/2015 (cosiddetta “Buona Scuola”), con la quale stabiliva un piano straordinario di assunzioni, al fine di evitare di versare milioni di euro di risarcimento in favore dei “precari storici”.

I paria della “Buona Scuola”.

A parte le polemiche non ancora sopite sul funzionamento dell’algoritmo che aveva trasferito in modo cervellotico i docenti neo assunti nelle varie province del Paese, c’è da dire che una fetta (minoritaria, ma comunque cospicua) di precari è stata semplicemente dimenticata dal piano straordinario di assunzioni.

Si tratta dei docenti della scuola dell’infanzia, del personale educativo, del personale Ata e degli insegnanti di religione.

La questione dei docenti di religione.

Gli insegnanti di religione sono stati assunti in ruolo in applicazione della legge n.186/2003, in base alla quale è stato indetto un concorso riservato per i docenti che avevano prestato servizio continuativo per almeno quattro anni, anche in ordini e gradi scolastici diversi.

I posti da destinare alle immissioni in ruolo erano pari al 70% dei posti disponibili (dunque non sulla totalità dei posti vacanti).

La cadenza triennale.

Sempre la stessa legge  aveva stabilito che si sarebbero dovuti tenere  concorsi per titoli ed esami, con frequenza triennale.

Si tratta dunque della stessa regola stabilita dalla legge n. 124/1999.

La Corte di Giustizia sugli insegnanti di religione..

La Corte di Giustizia Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione specifica dei docenti di religione, con sentenza del 13 gennaio 2022, pur dando atto della particolarità dell’insegnamento della religione, aveva invitato il Giudice nazionale a fare di tutto, anche in via interpretativa, per garantire la piena efficacia della direttiva europea e pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima.

La Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione è quindi intervenuta con una serie di pronunce (ex multis, n. 19319/2022) depositate il 15 giugno 2022[1], con la quale ha riconosciuto il diritto al risarcimento danni in favore dei docenti di religione.

Il ragionamento della Cassazione.

Secondo la Cassazione, il Ministero- non avendo rispettato l’obbligo di indire concorsi con cadenza triennale (l’ultimo c’è stato nel 2004)- ha realizzato un abusolesivo dell’accordo quadro” europeo sul contratto a tempo determinato.

Tale abuso si realizza anche quando gli incarichi non sono stati continuativi.

Anzi, in questo caso, l’abuso “riveste particolare gravità”, in quanto l’interessato “resta per una o più annualità senza lavoro”.

Il risarcimento del danno.

Secondo la Corte di legittimità, se dopo il terzo incarico annuale non è stato indetto alcun concorso, si matura il diritto al risarcimento del danno “eurounitario” (da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità). Sulla base di tale indirizzo interpretativo, il Tribunale di Lanciano ha pertanto condannato il Ministero a versare 9 mensilità di stipendio alla docente, a titolo di risarcimento danni.


[1] Vedasi anche, ancora più recentemente, Cass. n. 24761/2022 depositata- unitamente ad altre “gemelle”- in data 5 agosto 2022.

Francesco Orecchioni

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