E’ ancora presto per dirlo, ma le prime avvisaglie non sono per nulla incoraggianti: l’accordo fra Governo e sindacati in materia di lavoro pubblico sta raccogliendo proteste e dissensi.
Per il il momento almeno, nei social si leggono solo proteste.
Le critiche sono di vario genere. Alcune riguardano il metodo: prima di firmare i sindacati avrebbero dovuto consultare la base, dicono in molti; l’aumento è del tutto virtuale e non solo modesto ma modestissimo, sostengono tanti altri.
Ma va anche detto che questi sono i primi commenti “a caldo”: certamente nei prossimi giorni i sindacati – attraverso le proprie strutture periferiche – informeranno meglio i lavoratori dei diversi comparti pubblici e può darsi che, a quel punto, riusciranno a spiegare gli aspetti positivi dell’accordo.
Aspetti positivi che, per la verità, si comprendono solo se si considera la particolare situazione politica ed economica del momento. Gli 85 euro “promessi” sono certamente pochi ma sono più o meno la cifra sulla quale è stato chiuso il contratto dei metalmeccanici e – soprattutto per un sindacato di lunga tradizione operaista come la Cgil – questo può essere considerato un risultato accettabile.
L’altro aspetto dell’accordo presentato dai sindacati come grande “conquista” (il superamento dei vincoli posti dal “decreto Brunetta”) non sembra riscuotere particolare interesse da parte del popolo della scuola: sul punto, i commenti che si leggono nei social sono pressoché inesistenti segno che l’argomento non appassiona più di tanto il personale della scuola
D’altra parte dopo anni di blocco degli stipendi è del tutto comprensibile che l’interesse del mondo della scuola si concentri più sgli aspetti materiali (“ma ci daranno gli arretrati?” chiedono prosaicamente ma molto concretamente moltissimi docenti) che su quelli tecnico-giuridici (nessuno, per ora, si sta entusiasmando per le modifiche – peraltro solamente ventilate e promesse – di questa o quella norma del decreto Brunetta).
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