Come avevamo già detto, prendendo spunto da una nota della Cisl Scuola, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo solo il comma 4, affermando che lo Stato non può imporre alle Regioni le modalità di come e di quanti alunni debbano essere formate le scuole e in modo particolare gli istituti comprensivi, ma ha però stabilito nel comma successivo, il 5°, che i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi, essendo al soldo dello Stato, da lui cioè pagati, rientrano nelle sue competenze di gestione e quindi può legittimamente stabilire di utilizzarli secondo suoi parametri di spesa e di razionalizzazione.
Si potrebbe quindi dire che il tanto clamore e il tanto inneggiare a vittorie sui dispositivi inventati dal governo dell’epoca appaiono quantomeno azzardati, perchè le regioni possono, sulla base della sentenza del 7 giugno scorso, non formare scuole con almeno 100 alunni, ma in quel caso lo stato non manderebbe un preside e un segretario in pianta stabile, bensì un reggente cosi come sia la Consulta e sia le sue leggi hanno disposto.
Dice ItaliaOggi, con un lucido intervento, che “se da un alto la Consulta ha dato ragione alle regioni sulla faccenda del dimensionamento, dall’altro, c’è il rischio che gli organici dei dirigenti e dei dsga vengano ulteriormente falcidiati. Per avere un’idea dell’effetto dei tagli, già così con il dimensionamento attuale, basti pensare che le istituzioni scolastiche autonome, secondo l’organico di diritto vigente, sono 9.135. Di queste, 1.118 non raggiungono i parametri di legge e, quindi, saranno affidate in reggenza, sia ai dirigenti che ai dsga. Se poi, le regioni dovessero metterci mano, facendo aumentare il numero delle istituzioni sottodimensionate, le reggenze aumenterebbero ulteriormente. Pertanto l’esubero dei dgsa, che ad oggi ammonta già a 772 unità potrebbe ulteriormente incrementarsi. E a quel punto sarebbero in bilico anche le assunzioni di vincitori dei concorsi a preside.”
Con ogni probabilità questa continua sfida a colpi di sentenze tra Stato e Regioni potrebbe terminare nel momento in cui il tanto declamato e sbandierato da anni federalismo scolastico andasse a compimento, nel senso che la scuola, salvaguardati i programmi curriculari di interesse nazionale, venisse gestita dalle singole regioni anche in funzione del personale, sia per il reclutamento e sia per le nomine col relativo carico economico.