La crisi taglia anche le feste. Almeno se andrà in porto il progetto caldeggiato dal sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo: lavorare di più, magari accorpando anche le festività.
La ricetta è allo studio del governo, ma non sembra convincere. Un’idea che fa il paio proprio con una recente proposta di Polillo che aveva fatto discutere: lavorare una settimana di più per far ripartire l’economia e far risalire il Pil. Dice Polillo: “Mi auguro che il problema venga preso di petto” perché aumentare le ore di lavoro degli italiani “è una delle chiavi per risolvere la crisi. Anche se c’è anche un problema di rapporti con la Chiesa”.
Le festività accorpate non dovrebbero essere più pagate con conseguente riduzione anche del costo del lavoro. Il governo, in realtà, sta lavorando all’ipotesi di accorpare le feste patronali, escluse quelle concordatarie.
Si salverebbe, dunque, San Pietro e Paolo, del 29 giugno, ma non San Gennaro e Sant’Ambrogio. Per questo, in Parlamento, già la chiamano “Operazione San Gennaro”.
Tecnici dei ministeri del lavoro, del tesoro, della funzione pubblica e dello Sviluppo stanno studiando un progetto di fattibilità in base ai risparmi reali derivanti da questa operazione.
Ma l’opposizione va già all’attacco. “La sola cosa che viene in mente a Monti è tartassare ancora di più chi già paga tutto, eliminando un po’ di festività per i lavoratori e mantenendo allo stesso tempo gli stipendi d’oro dei super-manager di Stato, commenta il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro.
Per le parti sociali, il governo si dimentichi di toccare il Primo Maggio. L’Associazione Partigiani, invece, si schiera a difesa del 2 giugno. Anche la Confesercenti insorge: tagliare le festività significa mettere in ginocchio il settore turistico. Il segretario nazionale della Cisl, Luigi Sbarra, definisce il provvedimento come “dannoso e inconcludente ai fini della crescita: è una sciocchezza statistica la relazione tra meno ferie e maggiore produzione in un contesto di assenza di lavoro e di basso livello produttivo”.
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