Acli: la Formazione professionale schiacciata da burocrazia e frammentazione
Riorganizzare la formazione professionale indirizzandola verso la “personalizzazione” dei percorsi formativi, il superamento della frammentazione territoriale e settoriale, la semplificazione della regolamentazione amministrativa: la richiesta arriva da Cagliari, dove nei giorni scorsi si sono riuniti i dirigenti dell’Enaip, l’ente nazionale di formazione professionale delle Acli (le Associazioni cristiane lavoratori italiani), per discutere della riforma del sistema formativo del nostro Paese, in attesa delle linee guida che il Governo dovrà emanare a breve.
I relatori hanno spiegato che la spesa in procedure burocratiche del comparto della formazione professionale ha raggiunto livelli “inaccettabili”: in base agli ultimi dati hanno spiegato che in media per ogni 100 euro erogati dall’Ente pubblico per realizzare formazione, addirittura 40 vengono oggi assorbiti dalle spese per adempiere ad obblighi formali e rendicontativi. Secondo l’ente di formazione delle Acli – una rete di 5mila formatori, 50 mila allievi, 230 sedi formative in tutta Italia – tra gli ostacoli maggiori allo sviluppo del settore c’è la frammentazione territoriale e settoriale che contraddistingue l’intero comparto: a nove anni dall’entrata in vigore del Titolo V della Costituzione manca ancora la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni di istruzione e formazione, col risultato di “un proliferare di diversi modelli di gestione della formazione professionale non comunicanti tra loro”. Per Maurizio Drezzadore, presidente Enaip e responsabile delle Acli per le questioni del lavoro, “è necessario che il Governo ponga rapidamente rimedio a questa situazione approntando al più presto i requisiti indispensabili di standard per tutto il territorio nazionale. E’ inoltre urgente che venga definito il repertorio delle qualifiche, in modo da rendere uniforme su tutto il territorio nazionale il tipo di qualifica, gli standard di competenze e il monte ore in cui conseguirla”.
Secondo il rappresentante dell’ente formativo andrebbe quindi “profondamente rivisto questo spreco inutile di risorse con una drastica semplificazione delle procedure, allineando l’Italia ai pochi obblighi comunitari e così consentendo di aumentare, senza aggiunta di ulteriori risorse, la dotazione economica del settore. Un’efficace azione formativa – ha detto sempre Drezzadore – è la risposta migliore per contrastare la disoccupazione e favorire il rientro dei lavoratori in cassa integrazione”. Proprio in occasione del ritrovo dei responsabili dell’Enaip, la Camera approvava la possibilità per i 15enni di accedere all’apprendistato professionale in luogo della frequenza scolastica. All’ultimo momento il provvedimento è stato subordinato all’attuazione di future intese tra Regioni, Ministeri e parti sociali.“Non si capisce – ha commentato Drezzadore – come si possa trovare domani quell’intesa e quel compromesso che oggi si è voluto rifiutare”. Nei giorni scorsi le Acli, come altre associazioni che si occupano di formazione, si erano rivolte alle forze politiche per trovare un compromesso: accordare l’assolvimento dell’obbligo di istruzione con contratto di apprendistato solo se associato ad un monte ore di formazione adeguato – almeno 500 – da svolgere in una istituzione scolastica e formativa. In base agli ultimi dati Isfol, infatti, solo il 20% degli adolescenti in apprendistato è stato coinvolto dalla propria azienda in attività di formazione esterna, coprendo tra l’altro solo in parte il già esiguo percorso obbligatorio di 240 ore. Ed inoltre il modello proposto si rifà alla legislazione formativa della Germania, dove i ragazzi in apprendistato svolgono tre giorni lavorativi a settimana in azienda e due dedicati esclusivamente alla formazione.