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Ad un punto fermo la valutazione dei dirigenti scolastici

La valutazione dei dirigenti scolastici sarà il tema su cui nei mesi futuri si concentrerà l’attenzione del mondo della scuola, vuoi per la rilevanza che hanno la funzione ed il ruolo di chi presiede alla gestione, all’organizzazione e al funzionamento degli istituti scolastici, ma vuoi soprattutto per le incertezze della normativo e, infine, per l’inadeguatezza dell’esperienza di due anni addietro.
Non è stato mai facile, né lo è neppure oggi, parlare di valutazione degli operatori scolastici, docenti o dirigenti che siano. Tutte le volte che si avvia il problema si rischia di attivare meccanismi di autodifesa da parte di chi deve essere valutato e di forzatura da parte di chi è chiamato a scegliere i criteri e azionare le strutture. Valutatori e valutandi, il più delle volte, rischiano sempre di essere visti come controparti.
La valutazione dei dirigenti scolastici, d’altra parte, rientra a pieno titolo nella valutazione del sistema di istruzione e di formazione e, sappiamo, come è difficile per la cultura italiana metabolizzare questi concetti.
L’esperienza di due anni addietro, come è fin troppo noto, è finita nell’occhio del ciclone perché fondata esclusivamente su quanto dichiarato dagli stessi dirigenti scolastici e per la carenza di criteri univoci, sperimentalmente verificati, cui si sono attenuti i vari nuclei regionali di valutazione.
Ad oggi l’Amministrazione scolastica si è incontrata più volte, per altro in maniera interlocutoria, con i rappresentanti sindacali e quelli di categoria per la concertazione dei criteri che sono stati inclusi in un apposito ‘Documento’, stilato nella riunione del 16 aprile, su cui le parti stanno cercando di concordare.
L’Amministrazione scolastica, rappresentata dal Direttore generale del personale, Zucaro, pur accogliendo le osservazioni delle organizzazioni sindacali rappresentative, insiste però sulla definizione di tre livelli di standard: ‘da migliorare’, ‘di apprezzamento’, e ‘di eccellenza’ determinati per ciascuna delle previste cinque o sei aree di valutazione sulla base dei ‘risultati conseguiti’ e della ‘significatività e della coerenza dei risultati rispetto agli obiettivi raggiunti’.
A questi dovrebbero essere correlati, poi, le percentuali di differenziazione delle retribuzioni di risultati.
Le organizzazioni sindacali e dei categoria,da parte loro, hanno riaffermato in più di un’occasione la contrarietà all’introduzione di qualsiasi modello valutativo che non sia inizialmente proposto in via sperimentale e, perciò, aperto a tutti gli aggiustamenti "in progress" eventualmente suggeriti dalle esperienze sul campo.
Queste in sintesi le conclusioni su cui al momento c’è una larga condivisione: la procedura valutativa deve essere avviata nell’anno scolastico 2003/2004; la base per la definizione dl modello valutativo deve essere identificata nel ‘rapporto finale’ della ricerca che è stata condotta dall’Università Bicocca di Milano; la valutazione dei dirigenti scolastici non deve avere carattere prevalentemente selettivo, sanzionatorio e discriminatorio bensì deve proporsi come una strumento per individuare le eventuali ‘carenze’ negli approcci gestionali alle varie aree individuate in relazione all’espletamento delle funzioni dirigenziali scolastiche; il processo di valutazione deve essere accompagnato dall’attivazione di specifiche iniziative formative che vedano coinvolti contestualmente valutatori e valutandi e deve essere oggetto di periodiche e costanti azioni di monitoraggio.
Le organizzazioni sindacali e di categoria hanno insistito affinchè l’espressione proposta dall’Amministrazione ‘in prima applicazione’ venga sostituita o integrata con l’altra ‘in via sperimentale’.
Hanno espresso la loro contrarietà alla differenziazione della retribuzione e proposto, in alternativa, due soli livelli: positivo/negativo.
Il problema, come si vede, è scottante ed è ancora aperto. Dalla riunione del 29 dovrebbe venire fuori un quadro abbastanza definitivo e chiarificatorio delle decisioni assunte.

Giuseppe Guzzo

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