Entro il 31 agosto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara dovrà emanare un decreto ministeriale ad hoc per rendere operativa la norma sul nuovo dimensionamento scolastico prevista dalla Legge di Bilancio: dal 2024/2025 scatteranno centinaia di accorpamenti e fusioni di scuole, perché il nuovo numero minimo per mantenere l’autonomia diventerà di 961 allievi. Ogni Regione potrà introdurre delle deroghe, ad esempio per le scuole di montagna o delle piccole isole: in questi casi, però, si dovrà compensare con un altro istituto.
Significa che se si tiene in vita una scuola autonoma con 200 alunni, un’altra scuola di quel territorio dovrà averne almeno 1.700. Tutte le Regioni di sinistra hanno già detto che impugneranno il decreto del ministro. E anche due del centro-destra. Per alcune, come la Toscana, sarebbe la seconda iniziativa giudiziaria contro questa politica scolastica.
Il ministro Giuseppe Valditara ha spiegato che “i dirigenti non dovranno più stilare più bilanci relativi alle reggenze e cadranno i vincoli minimi di studenti per istituire un’autonoma scolastica. In particolare, per le scuole di montagna ci potrà essere un’autonomia scolastica con solo 100 studenti. Spetterà alle singole Regioni la decisione di come compensare”.
Molte Regioni, però, non ci stanno. “Provate a immaginare che cosa significherebbe in Italia il programma scolastico orientato dalla Lega Nord, avremo un contro-Risorgimento e questo non va bene”, ha detto l’assessora alla Scuola della Campania, Lucia Fortini.
Solo in Campania, scrive l’Ansa, si prevede una riduzione di 120 istituti in totale in tutta la Regione che passerebbe dalle attuali 959 scuole a 839.
“Le scuole del Sud e dei centri montani – argomenta Nota Iolanda Molinaro, assessore all’Istruzione del comune di Vallo della Lucania – saranno quelle maggiormente pregiudicate. Si tornerà ad avere istituti che distano chilometri dal proprio paese e la riduzione dei docenti e del personale Ata imporrà un aumento del numero di alunni nelle classi a discapito dell’efficacia dell’azione educativa”.
Il ministro Giuseppe Valditara, però, non si scompone. E ribatte, ricordando che al massimo si prevedono degli accorpamenti scolastici: “sulla questione del dimensionamento credo ci sia stato un grande equivoco, nessuna scuola, intesa come struttura, insegnanti, banchi, chiuderà“.
Il titolare del dicastero bianco, inoltre, ricorda che quella presa è una decisione dettata dai parametri imposti da Bruxelles.
“Si tratta – ha sottolineato Valditara – di una riforma obbligata, anche in linea con quanto definito dal precedente governo in accordo con la Commissione Europea. Noi in Italia abbiamo qualcosa come 866 reggenze, nell’arco di 9 anni avremo un dimensionamento che interesserà circa 700 autonomie in tutta Italia. Ma questo ci consentirà di dare dignità a quelle reggenze, trasformandole in unità giuridiche dotate alla dirigenza a tutti gli effetti”. Stando ai numeri resi noti dal ministro, significa che in media ogni regione dovrà perdere, nel volgere di qualche anno, tra le 30 e le 35 scuole autonome, un numero non proprio insignificante.
E ancora: questi nuovi parametri per l’autonomia scolastica, dice Valditara, non prevedono alcuna “chiusura di plessi ma solo l’eliminazione progressiva delle reggenze. Grazie ai risparmi che otterremo in nove anni in un percorso che avrà inizio nel 2024/25 avremo 88 milioni di euro di risparmio da reinvestire, specie nel personale“.
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