Sabato 14 aprile a Milano si terrà un convegno molto sentito dal titolo “La lezione non serve”, organizzato dal Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Daniele Novara. L’evento si svolgerà al Teatro Carcano.
Si tratta senza dubbio di un tema molto importante per gli insegnanti, che già da anni vogliono promuovere nuovi metodi di interazione e apprendimento per gli alunni.
“La scuola italiana – spiega il pedagogista Novara su Il Fatto Quotidiano – ha un problema che si perde nella notte dei tempi. Questo problema non riguarda l’architettura tradizionale del sistema scolastico, i cosiddetti cicli d’istruzione, né la distribuzione delle materie nel curriculo. Non è l’abbandono scolastico o i voti numerici e neppure la formazione degli insegnanti e il sistema di valutazione. È in realtà un vizio di forma, legato alla storia della scuola in Italia, e a tutto quell’insieme di idee, convinzioni e credenze, quelli che si definiscono gli “elementi impliciti”, su come si trasmettono i contenuti dell’insegnamento. Il problema della scuola italiana nasce da un equivoco, profondamente radicato e pervasivo, che ha un nome preciso: lezione frontale”.
Per il promotore dell’evento, si tratta di un passaggio necessario per la scuola pubblica, perché la società è cambiata e anche la scuola deve adeguarsi: “oggi – spiega Novara – siamo passati dal manoscritto al tablet, ma il sistema resta sostanzialmente lo stesso: l’assunto che muove comunque ancora gran parte della didattica della scuola italiana è che per far imparare qualcosa a qualcuno, e quindi per insegnare, il metodo più scontato, lineare e apparentemente efficace sia quello di utilizzare il sistema della lettura di un testo associata a una spiegazione”.
Pensiero condiviso anche dall’Indire: “L’ambiente non cambia certo per l’ingresso di qualche strumento nuovo, anzi rafforza i suoi caratteri e la lavagna interattiva multimediale (Lim) potenzia la lezione frontale”.
Pertanto, a parere di Novara, bisogna pensare a nuove strategie e nuovi metodi di approccio docente-alunno. E di esperimenti negli ultimi anni se se sono visti.
La scuola senza zaino, diffuso da oltre un decennio in Toscana, sta riscuotendo successo anche in altre molte regioni, che vogliono passare ad una scuola all’insegna dell’autonomia e della cooperazione.
Via la cattedra e spazio a pochi tavoli, dove si svolgono tutte le attività in gruppo, perché la condivisione è alla base del progetto, inventato undici anni fa da Marco Orsi, preside e pedagogista di Lucca, che riprende molti punti dal modello Montessori.
Nel dicembre del 2016, il Gruppo Promotore del Movimento SZ ha deciso di costituire una Rete nella Rete: sono nate infatti le Scuole Polo in ogni Regione, firmatarie tra loro di una Convenzione ad hoc, che contiene una serie di impegni da condividere, rispettare, realizzare.
C’è anche la classe capovolta o flipnet, che ha lo scopo di coinvolgere gli studenti in un’azione partecipata e partecipativa, superando le lezioni frontali grazie a strumenti capaci di consentire una didattica attiva, per trasformare conoscenze e abilità in competenze.
Ma gli approcci diversi dalla lezione frontale in via di espansione sono tanti, come il cooperative learning, che non ha alcuna relazione con il tradizionale apprendimento di gruppo e che, inoltre, non esclude situazioni o momenti di lavoro sia individuali che competitivi. Ma questo approccio educativo non contempla solo una modalità di apprendimento diversa da quella individuale, ma anche un nuovo ruolo per l’insegnante che diventa facilitatore di apprendimento.
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