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Addio carta, largo al digitale: 7 statali su 10 pronti ma nelle scuole Wi-Fi e pc non decollano

La carta è superata. Anche nella pubblica amministrazione. Lo dice anche la legge, dopo che nella Gazzetta ufficiale del 12 gennaio di quattro anni fa, trovò spazio il decreto del presidente del Consiglio dei ministri datato 13 novembre 2014 che completava l’attività normativa necessaria alla completa attuazione del Codice dell’amministrazione digitale. Un processo che ha avuto un’accelerazione ulteriore con l’entrata in vigore della fattura elettronica di un mese fa. Ma i dipendenti pubblici sono pronti ad abbandonare la carta sul luogo di lavoro? Sembrerebbe proprio di sì.

Il 71% dice sì al digitale obbligatorio

Da un’indagine condotta dal Forum Pa, la società del gruppo Digital360, su un panel di 2.751 persone, pubblicata il 29 gennaio in occasione dell’Annual Report 2018 di Fpa, è emerso che “la trasformazione digitale è considerata lo strumento per imprimere il cambiamento organizzativo (nei processi, nella cultura, nell’atteggiamento verso il lavoro e l’utenza): per il 71,7% dei dipendenti pubblici la carta deve scomparire del tutto immediatamente e il passaggio al digitale nella pubblica amministrazione deve diventare obbligatorio”.

Inoltre, “a sorpresa, i più resistenti ad alcuni elementi di cambiamento sono i più giovani e i neoassunti”: il 34,8%% auspica un passaggio al digitale, uno ‘switch off’, più graduale (6,5 punti in più della media)”.

Il ruolo attivo del cittadino

Dalla ricerca è poi emerso che i dipendenti pubblici si dicono aperti a “un ruolo attivo al cittadino, chiamato dal 63,7% del campione a contribuire alla valutazione dell’operato dei dipendenti della Pa”.

Una convinzione, viene sottolineato, “saldamente condivisa dai dipendenti della scuola, delle università e dei centri ricerca e del sistema sanitario nazionale, mentre sono meno convinti coloro che lavorano nella Pa centrale e negli enti locali”.

C’è però “un 41,4% dei dirigenti che crede che l’audit civico non debba avere impatto sulla valutazione individuale dei dipendenti pubblici, perché il giudizio dei cittadini può essere fuorviante, legato a simpatie o antipatie pregresse e non sostenuto da sufficienti esperienze e competenze”.

Sul tema del lavoro pubblico invece gli statali si spaccano. Ecco che, rileva l’indagine, sull’assenteismo “una lieve maggioranza, il 51%, invoca più controlli e provvedimenti disciplinari, mentre il restante 49% ritiene che lo smart working potrebbe essere una cura più efficace rispetto alle sanzioni”.

Scuole non pronte

Sulla digitalizzazione, quindi, il personale scolastico, compresi i docenti, si sarebbe quindi convinto della sua utilità. Rimane da capire, però, se gli istituti scolastici siano in grado di permettere in toto l’attivazione di questo processo ineludibile.

Non sempre, infatti, ci sono postazioni informatiche o tablet sufficienti per tutti (soprattutto nella scuola primaria e al Sud).

Ma il vero problema è emerso nei giorni scorsi, a seguito della presentazione, da parte di Forza Italia, di un disegno di legge – avallato anche dal ministro dell’Istruzione Marco Bussetti – che vorrebbe proibire anche agli insegnanti l’utilizzo del telefono cellulare in classe. Molti di loro, hanno fatto presente che non possono utilizzare con facilità e in tempo reale il registro elettronico, come prevede la norma, perché la connessione ad internet è spesso carente seguito della mancanza o della debolezza del “segnale” Wi-Fi messo a disposizione della scuola dove sono in servizio.

Pertanto, questi docenti, sono costretti ad utilizzare il telefono cellulare come mezzo di supporto per avere un collegamento ad internet efficace.

Alessandro Giuliani

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