Pensionamento e previdenza

Addio pensione anticipata, spunta l’idea dei docenti tutor da ricollocare a fine carriera

Spunta l’idea dei docenti tutor da ricollocare a fine carriera: il progetto potrebbe tornare in auge dopo che l’Ufficio parlamentare di bilancio ha prodotto delle critiche, nemmeno troppo velate, verso la tendenza di applicare delle deroghe, attraverso anticipi di alcuni anni, alla pensione di vecchiaia.

Anziché puntare alla pensione anticipato, che ha dei costi sociali non indifferenti, per alcune categorie si potrebbero così sperimentare le ricollocazioni dei lavoratori verso mansioni meno gravose, da introdurre proprio a fine carriera.

L’idea dell’Ufficio parlamentare di bilancio

Attraverso un Focus sul tema, l’Upb sottolinea che la deroga introdotta per 15 categorie di lavori gravosi e usuranti, tra cui le maestre dell’infanzia, “riguarderà una platea via via più ampia di dipendenti – da poco meno di 15.000 soggetti nel 2019 a 20.900 nel 2027 – con un costo per le finanze pubbliche crescente da 100 milioni di euro del 2019 a 176,4 milioni del 2023 e poi in progressiva riduzione sino a 166,2 milioni nel 2027”.

Inoltre, prosegue sempre l’Upb, anche l’accesso alla pensione con requisiti ridotti è destinato a crescere: il numero di lavoratori di lavoratori coinvolti passerà “da poco più di 51.000 nel 2019 a 62.800 nel 2027”.

I benefici della riforma Fornero rischierebbero di venire meno

Insomma, le stime nazionali, attuali e in proiezione, indicano che la strada dell’anticipo pensionistico graverebbe in modo sempre maggiore sul sistema sociale. Vanificando, quindi, una parte dei vantaggi derivanti dalla “stretta” voluta dal Governo Monti con la riforma promossa dall’allora ministra Elsa Fornero.

L’Autorità la fa intendere in modo chiaro, quando dice che il disegno delle deroghe va rivisto, perché alla lunga si rischia di “indebolire l’architettura generale del sistema pensionistico compromettendone gli obiettivi di sostenibilità”.

Ecco, quindi, la necessità di fare spazio a forme alternative di pre-pensionamento. O meglio, di “alleggerimento” dei carichi di lavoro negli ultimi anni lavorativi.

L’esperienza conta

L’Ufficio parlamentare di bilancio indica, quindi, la possibilità di stipulare “specifici accordi tra lavoratore e datore di lavoro che prevedano lo svolgimento, a un certo punto della carriera lavorativa, di funzioni meno gravose per le quali l’esperienza sia elemento strategico e fonte di esternalità positive sui processi produttivi”.

L’Upb, quindi, pensa ad “un mercato del lavoro più flessibile nella fase terminale delle carriere potrebbe consentire ad alcune tipologie di lavoratori di svolgere la propria attività con modalità meno gravose e contemplare, tra le funzioni, una posizione specifica per la trasmissione delle conoscenze e delle esperienze ai più giovani. Ciò consentirebbe di ridimensionare la portata di deroghe ed esenzioni e di concentrare gli sforzi sui casi più rilevanti e urgenti”.

Non è la prima volta

Il problema diventa capire se è la proposta possa prevedere un allargamento delle attuali 15 professioni considerate usuranti. Anche nella scuola, dove ad oggi è considerata usurante solo la professione delle maestre della scuola d’infanzia.

In quasi tutte le ultime riforme, a ben vedere, erano presenti delle sezioni sul nuovo reclutamento con delle nuove figure professionali: dei docenti tutor che, a fine carriera, avrebbero dovuto dedicare (a domanda) le loro ore d’insegnamento non più agli alunni, ma ai colleghi in formazione oppure ai neo-assunti.

Pure nella versione originale della Buona Scuola – quella del 2014 che in un “colpo” solo avrebbe dovuto far assumere 150mila docenti, poi ridimensionati a meno di 90mila – c’era questa figura-guida, denominata “docente mentor”, peraltro mantenendo l’orario di insegnamento di chi svolge lezioni frontali.

Nella revisione delle bozze, però, queste configurazioni superiori della docenza sono venute meno.

Sindacati e associazioni farebbero bene a provarci

Ora, se la proposta dell’Ufficio parlamentare di bilancio dovesse avere degli sviluppi positivi, forse i sindacati e le associazioni di categoria potrebbero fare almeno un tentativo: vista l’impossibilità di lasciare il lavoro prima dei 67 anni, almeno si potrebbe sperare in un insegnamento “alternativo”.

Ovviamente, l’ipotesi dovrebbe comunque prevedere degli stanziamenti economici, perché è chiaro che le cattedre lasciate (magari anche in parte) dai docenti passati a tutor o formatori dei colleghi ad inizio carriera, dovranno essere assegnate ad altri insegnanti. Il momento però potrebbe essere buono: giunti ad un passo dall’approvazione del Ccnl 2016-2018, presto si parlerà già di nuovo contratto, quello del 2019-21. E chissà se il Governo che verrà non sia disponibile al discorso.

Alessandro Giuliani

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