I numeri non sbagliano, anche perché ogni scuola comunica al ministero la percentuale degli scioperanti e quello del 10 dicembre ha seguito il trend al quale da decenni ormai siamo abituati, vale dire la riluttanza dei docenti a scioperare. Le adesioni infatti sono state del 5% appena, mentre doveva essere al contrario. Ciò significa che su circa 700.000 docenti, solo 35.000 hanno scioperato e 665.000 sono rimasti in classe, o forse no: parecchi probabilmente sono andati a casa perché i loro alunni non sono entrati o le mamme non li hanno mandati a scuola.
In ogni caso occorrerebbe capire i motivi per i quali il personale della scuola è restio a scioperare, nonostante, come nel caso di quello odierno, le motivazioni erano forti, a partire dal rinnovo del contratto di lavoro a finire coi salari, a parte il cosiddetto organico Covid, la riduzione degli alunni per classe, le reggenze, i trasferimenti, snellimento amministrativo e burocratico.
Uno sciopero massiccio che abbia coinvolto la maggioranza dei lavoratori della scuola si è visto solo raramente contrariamente alle altre categorie.
Questa aperta contraddizione però non depone a favore delle lagnanze che i docenti innalzano contro il loro stato, né alle accuse verso il sindacato che fa il suo lavoro ma che non ha, di contro e secondo i numeri percentuali, un esercito alle spalle.
Nello stesso tempo, la diserzione massiccia fa presupporre che la materia sollevata dai sindacati, compresi gli aumenti, non interessa i docenti e il personale, facendo dunque intendere che a loro sta bene così com’è la scuola e che magari si rimettono al buon volere del Governo.
È vero che non ci sarebbe bisogno di scioperare per avere riconosciuti i propri diritti, ma è anche vero che dimostrare una capacità contrattuale robusta, massiccia equivale ad avere dalla propria parte ben oltre della metà del peso necessario per fare pendere la bilancia a proprio favore.
Ma c’è anche un altro aspetto singolare nel nebuloso panorama degli scioperi, ovvero il fatto che chi non sciopera ci guadagna due volte nei confronti del collega in prima linea: non perde la giornata di lavoro e acquisisce tutti i benefici di chi invece fa la sua parte in trincea. Ma questa è forse un’altra storia.
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