La revisione delle Indicazioni per la Scuola dell’infanzia e per il Primo ciclo di istruzione richiede, secondo l’Associazione Docenti Italiani, un chiarimento politico preliminare.
“Occorre cioè sapere – sostiene la presidente dell’ADI Alessandra Cenerini – se il MPI intende intervenire solo sulle Indicazioni o più complessivamente sul dlgs 59/04″.
La domanda non è puramente formale in quanto si tratta di chiarire alcune contraddizioni presenti nei documenti prodotti dalla “Commissione Ceruti”.
Per esempio – fa osservare l’ADI – il documento sul curricolo si muove in larga misura al di fuori del decreto n. 59 che non parla di curricolo ma di “piani di studio personalizzati” i quali, a loro volta, fanno riferimento alle finalità generali del processo formativo ed al “Profilo educativo, culturale e professionale (Pecup)”.
Va quindi chiarito bene se il Pecup, che è parte integrante del decreto 59, resta in vigore o sarà abrogato.
E che fine farà – si chiede ancora l’ADI, la “quota riservata alle Regioni” di cui si parla nel decreto 59 ?
Nel merito dei documenti l’ADI non è per nulla tenera e afferma che essi “non costituiscono una cornice credibile”.
“La scuola – si legge nel documento che l’Associazione ha consegnato alla Commissione ministeriale – non ha bisogno di lezioni accademiche, peraltro piuttosto datate e spesso contraddittorie al loro interno”.
Secondo l’ADI si tratta di interrogarsi sui motivi che hanno determinato in Italia il fallimento dell’istruzione di massa e di individuare soluzione adeguate.
La risposta, secondo l’Associazione, va trovata nella flessibilità delle risorse, degli strumenti e delle metodologie, nell’articolazione dei percorsi, nella opzionalità delle discipline.
Le nuove indicazioni dovranno quindi fare riferimento ad un numero limitato ma irrinunciabile di conoscenze e competenze “chiave”.
“Queste conoscenze e competenze – sottolinea l’ADI – vanno selezionate e definite con grande rigore e “parsimonia”. E su queste occorre approntare il massimo di sostegno agli insegnanti, e contemporaneamente predisporre valutazioni esterne trasparenti e comparabili dei risultati”.
Ma – avverte l’ADI – “ciò non significa che i curricoli o piani di studio debbano ridursi alle sole conoscenze e competenze chiave, significa invece porre le premesse per affrontare un vero e proprio dilemma: 1) garantire a tutti i bisogni essenziali di apprendimento, 2) valorizzare le eccellenze”.
L’ipotesi di lavoro dell’ADI appare particolarmente suggestiva, ma c’è da chiedersi, se alla fine, prevarranno di più le motivazioni culturali e scientifiche o le logiche politiche.