“La misura sulle 24 ore di cattedra è assolutamente stupida ma non ci stiamo ad unirci al coro di chi di fatto è per lo status quo”: questo, in estrema sintesi il giudizio dell’Associazione docenti italiani sulle norme contenute del decreto stabilità.
Sulla “stupidità” dell’operazione l’Adi non ha dubbi.
La norma, infatti, prevede che nelle 6 ore aggiuntive i docenti debbano coprire gli spezzoni orario e le eventuali supplenze.
“Ora – spiega l’Adi – è noto che queste attività riguardano una piccola parte del corpo docente, la restante parte rimarrebbe “a disposizione” a non fare nulla, come quando vigeva il completamento a 18 ore (per anni molte cattedre sono state a 14 e 15 ore), creando peraltro inaccettabili discriminazioni”.
Anche l’ipotesi di compensare l’aumento dell’orario con un po’ di ferie in più non convince affatto l’Associazione che parlano di una vera e propria “vergogna” in quanto la norma consentirebbe di fruirne anche “dal primo settembre all’inizio delle lezioni e dal termine delle lezioni al 30 giugno”.
“Al Miur – sottolinea l’Adi – non importa che in quel periodo le scuole che funzionano predispongano la programmazione, facciano attività di sostegno, corsi di formazione, ecc.. Ci si adegua semplicemente al peggio, nell’atavica convinzione che a scuola, al di là delle lezioni e al di fuori del calendario scolastico degli allievi, non si fa e non si deve fare nulla”.
L’Associazione presieduta da Alessandra Cenerini non si limita ad evidenziare errori e sciocchezze ma interviene anche con proposte precise tra cui quella di un orario di servizio onnicomprensivo.
“L’attuale orario di servizio – sostiene l’Adi – è inadeguato rispetto ai bisogni educativi delle nuove generazioni e alla creazione di comunità professionali”.
Secondo Cenerini bisogna pensare ad “un orario entro cui si svolgano tutti i compiti legati alla propria funzione, che non è più un lavoro solitario, ma condiviso entro una comunità di professionisti. Un orario in cui la relazione con gli studenti non si limiti alle ore di cattedra, ma ci sia anche disponibilità per l’ascolto individuale e per altro ancora”.
E poi c’è la questione degli spezzoni e delle supplenze: “Siamo convinti, e non da oggi, che i così detti spezzoni orario debbano essere ridistribuiti all’interno della scuola ai docenti disponibili ed essere, ovviamente, retribuiti”.
Anche se, conclude l’Adi, “il vero risparmio verrà dalla conclusione del percorso scolastico alla maggiore età”.
“Per quanto ancora – si interroga in proposito l’Associazione – i diciottenni italiani saranno costretti a rimanere in una scuola costruita a misura dei minori? Per quanto ancora i nostri giovani dovranno impiegare un anno di più dei loro coetanei europei per ottenere il diploma?”
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