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‘Adolescence’ bocciata dal pedagogista Novara: “Situazioni al limite per creare attenzione mediatica”

La nuova serie TV Adolescence, approdata su Netflix il 13 marzo scorso, sta conquistando il pubblico, come riportato da diverse riviste del settore. Questo thriller avvincente ruota attorno a un misterioso caso di omicidio ambientato, in parte, in una scuola: il protagonista è un tredicenne inglese accusato della morte di una sua compagna di classe.

Articolata in quattro episodi, la miniserie esplora il complesso universo degli adolescenti di oggi attraverso lo sguardo degli adulti – insegnanti, genitori e psicologi. Al centro della narrazione emergono tematiche attuali e delicate, come la violenza giovanile, il difficile rapporto tra ragazzi e adulti e l’impatto dei social media in un’epoca segnata dal giudizio costante e dal frenetico chiacchiericcio online.

Daniele Novara: “Situazioni al limite per creare attenzione mediatica”

Al Corriere della Sera il pedagogista Daniele Novara dice la sua sulla serie del momento: “Trovo sempre molto imbarazzante che ci sia chi crea storie sugli adolescenti che necessariamente contengano violenza, se non omicidi. L’età è difficile ma non può essere capita partendo da situazioni limite. Lo spettacolo non deve prevalere sulla comprensione del mondo adolescenziale, che non può diventare occasione sistematica per realizzare opere che abbiano audience o attenzione mediatica“.

Adolescence, la trama

Adolescence si apre con una tranquilla cittadina britannica sconvolta da un tragico evento: il ritrovamento del corpo di Katie Leonard, una quattordicenne molto conosciuta e benvoluta, in un parco locale. Poco dopo, Jamie Miller (Owen Cooper), un ragazzo di tredici anni, viene arrestato con l’accusa di omicidio.

La storia segue la famiglia Miller – Eddie (Stephen Graham), Manda (Christine Tremarco) e Lisa – mentre affrontano lo shock dell’accusa contro Jamie e le conseguenze devastanti sulla loro vita quotidiana. La comunità, inizialmente solidale, si trasforma rapidamente in un ambiente ostile, con i media e i social network che alimentano teorie e condanne pubbliche ancora prima dell’inizio del processo.

Parallelamente, la serie esplora il punto di vista degli investigatori e degli psicologi coinvolti nel caso, cercando di capire cosa possa aver portato un ragazzo apparentemente normale a un atto così estremo. È davvero colpevole o si tratta di un errore giudiziario?

Ci si chiede anche e soprattutto: qual è il ruolo di docenti e genitori, che si sentono inermi? Si possono prevenire eventi tragici del genere? Si possono impedire gli atti violenti dei figli o degli alunni o più di tanto non si può fare?

Come scrive Wired, genitori e docenti in questa serie sono così scollati dalla realtà vissuta da studenti e figli che non solo non li capiscono, non hanno nemmeno gli strumenti per farlo.

L‘ideatore, Stephen Graham, ha detto di aver prodotto questa serie perché non riusciva a venire a capo delle notizie di cronaca nera che leggeva. “Speriamo di porre la questione abbastanza bene da far sì che inneschi una conversazione tra genitori e figli”, ha detto.

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Redazione

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