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“Adolescence”, lo psicologo Lancini: “Il problema non sono i social, ma l’assenza di adulti di riferimento, anche a scuola”

Si parla moltissimo della serie Netflix britannica “Adolescence”, che si interroga sui problemi degli adolescenti e del disagio dei giovanissimi, oltre che sul rapporto tra ragazzi e genitori che spesso sono ignari dei loro crucci e delle loro passioni.

Lo psicologo Matteo Lancini, ai microfoni de La Repubblica, ha commentato la serie tv: “L’aspetto più importante di ‘Adolescence‘ non è quel che succede dietro agli schermi in cui i nostri figli sembrano persi. Non è Internet, non è il cyberbullismo, non sono i social. È la mancanza, in tutta la serie Netflix, di un adulto significativo”.

“Ha il merito enorme di promuovere processi di identificazione con tutti. Abbiamo bisogno di parlare delle emozioni, anche le più disturbanti, e fatichiamo a farlo. A essere cruciale però è l’assenza di un adulto di riferimento. Tanto che a un certo punto sono i ragazzi più in difficoltà a consolare o a doversi prender carico dei loro genitori. La stessa assenza si nota nella scuola, ed è chiaro che spinge ad aumentare il potere orientativo sia dei coetanei che di Internet”, ha aggiunto.

E, sul fenomeno degli incel, citato nella serie: “Dovremmo aiutare i ragazzi a trovare una mediazione tra questa visione del maschio alpha, comunque aggressivo, e quella dello sfigato, che lo diventa come per difendersi. O si ritira fino a sparire. C’è tutta una nuova costruzione identitaria dei ragazzi da indagare, come abbiamo fatto per i disturbi alimentari delle ragazze. Ho avuto in cura tanti ragazzi che allora non si definivano incel, ma che magari erano timidissimi, a scuola non osavano alzare lo sguardo, e poi su Internet seguivano gruppi neonazisti. Invece di elaborare il loro disagio, lo trasferivano in un mito di violenza. Gli accoltellamenti hanno la stessa radice: una disperazione che non trova un canale di comunicazione, e quindi esplode”.

Lancini e l’intelligenza artificiale a scuola

“Cresciamo ragazzi che non legittimano le loro emozioni, cercano di mandarle via, ma quelle prima o poi vengono fuori. Si considera l’avvento della telecamera frontale sul telefonino la causa di tutto, ma non si fanno altre domande”, ha aggiunto.

E, sull’intelligenza artificiale: “Mentre vediamo ricercatori che all’università elaborano paper grazie all’intelligenza artificiale, o a Strasburgo gli europarlamentari che si affidano alle app dei traduttori, ci mobilitiamo perché a scuola i ragazzi ne vengano tenuti lontani”.

La scuola sbaglia? Ecco in cosa, secondo l’esperto: “I 5 in condotta per le occupazioni, l’obbligo di adeguarsi a un modello di insegnamento novecentesco, le perquisizioni prima di un esame, sono tutte cose che allontaneranno ancora di più i ragazzi. È questa la tragedia. Non incontrarli lì dove sono. Non chiedere: ‘Chi sei tu?’. Non saper intervenire prima che arrivi quella sensazione terribile di sentirsi soli in mezzo agli altri. Non accettare la relazione quando disturba, spaventa, quando non è consolatoria. Colpevolizzare il loro disagio, invece di capirlo e cercare brecce che dicano loro: il tuo dolore è legittimo, lo riconosco, parlane con me”.

Incel, cosa significa?

Ma cosa sono gli incel? Gli incel sono “involuntary celibate”, ossia “celibi involontari”. Treccani li definisce così: “Persone, generalmente di sesso maschile, che, pur desiderandolo, non riescono a instaurare relazioni affettive e sessuali e covano sentimenti di frustrazione e di rivalsa”.

Per loro la colpa è solo dell’altro sesso. Dunque, la reazione è improntata alla rabbia nei confronti delle donne, alimentando una visione misogina e molto violenta. Si tratta di un fenomeno arrivato dagli Stati Uniti, dove è nato negli anni Novanta in contesti on-line (il termine è stato coniato nel 1997), che ha sviluppato nel corso dei decenni una ideologia misogina.

Dietro questi uomini, spesso giovanissimi, si nascondono storie di bullismo, di discriminazione, di pressione sociale e di isolamento. Dai loro discorsi emergono spesso propensioni suicidarie e autolesioniste, comportamenti che, insieme ai suicidi-omicidi, vengono peraltro incoraggiati dai medesimi appartenenti a questi gruppi.

Come detto, il loro campo d’azione è il web. Durante la pandemia l’attività sulla rete si è rafforzata. Gli incel alimentano la propria frustrazione su appositi forum, ma anche su social media mainstream, come X, Facebook e YouTube, per arrivare alle chat di Telegram, o in altri angoli più remoti del web. Sono gruppi molto chiusi e in cui è difficile entrare se non attraverso una sorta di “esame”. Assolutamente impossibile, per ovvie ragioni, la partecipazione delle donne.

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Laura Bombaci

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