“Perché ancora non si parla di Linee guida sulla Screen education?” Così Barbara Volpi, psicologa, psicoterapeuta, PhD in Psicologia Dinamica e Clinica alla Sapienza di Roma, durante il convegno nazionale dell’Anp La scuola al centro del Paese.
La necessità di formare i ragazzi sull’uso adeguato ed etico delle tecnologie e dei social ma anche i docenti che si renderanno protagonisti di questo nuovo approccio didattico-pedagogico, è di estrema urgenza, alla luce del fatto – ci spiega la psicologa – che spesso i genitori espongono i figli sui propri profili sin da quando nascono, o ancora prima, se pensiamo ai numerosi post delle prime ecografie. Tutto questo, a dispetto delle raccomandazioni delle associazioni di pediatria che considerano la fascia di età 0-2 anni come un’area out dalla tecnologia.
“C’è un passato nella scuola e un presente, e chi semina raccoglie – ammonisce Barbara Volpi -. La semina fatta in tutti questi anni nella scuola non possiamo perderla con l’avvento della tecnologia ma recuperarla. Come? Prendendoci cura dei ragazzi e delle giovani generazioni, ma non quando il ragazzo è già davanti allo schermo a fare DaD, ma molto prima, quando il bambino ha 18 mesi e nello specchio inizia a riconoscersi”.
“Il che significa interagire con i figli, non immortalarli sui social al loro primo vagito, facendo sì che conoscano l’oggetto cellulare prima di quanto conoscono l’oggetto mamma”.
“Le neuroscienze ci dicono che l’apprendimento tra i ragazzi digitali raggiunge livelli inferiori perché i ragazzi scorrono velocemente da un’informazione all’altra (si guardi a come scorrono i post su Instagram) ma poi non danno il tempo a queste informazioni di sedimentare”.
Quindi l’esperta esorta a rafforzare a scuola l’educazione civica e l’etica, anche nell’ambito delle attività di contrasto al cyberbullismo. “I docenti si confrontano su questi temi – continua – ma dobbiamo anche imparare ad ascoltare i ragazzi. Per tornare a mettere la scuola al centro del Paese, dobbiamo conoscere e riprendere in mano i nostri ragazzi. Dobbiamo capire quanto sono stati vulnerabili e fragili in questi due anni”.
E racconta la sua professione di psicoterapeuta nell’ambito della quale si è trovata a conversare con molti ragazzi, che le raccontano: “Oggi i docenti ci stanno caricando di compiti e di interrogazioni, non capiscono che siamo un po’ a rilento nel nostro ritornare a fare scuola”.
Quindi conclude il suo intervento esortando la pedagogia e la didattica a farsi carico di una nuova grammatica del digitale e dei social – per citare Gianni Rodari -. “I ragazzi apprendono dai video – spiega -. Dobbiamo lavorare sulla P dei progetti, della peer, come Peer education, ma anche sulla P di play, di un gioco che è anche serious game, apprendimento motivazionale. Insomma, la pedagogia deve essere rivisitata in chiave motivazionale. Ed ecco l’ultima P, che sta per passione, perché la scuola al centro del Paese è scuola della relazione e dell’emotività”.
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