Costretti alla sedentarietà, abitudini alimentari peggiorate, tanta voglia di tornare a scuola in presenza e di viaggiare.
Questa è la fotografia degli adolescenti ad un anno dalla pandemia che emerge dai dati dell’indagine “Adolescenti un anno dopo” realizzata dall’Associazione “Laboratorio adolescenza”e l’Istituto di ricerca Iard.
I dati della ricerca
La ricerca condotta con la collaborazione della facoltà di Sociologia dell’Università di Trento con Carlo Buzzi direttore scientifico del progetto, ha coinvolto un campione nazionale di oltre 10 mila studenti di età compresa tra i 13 e i 19 anni, ha fatto emergere in maniera chiara come sono cambiate diverse abitudini dei ragazzi a causa del lungo periodo pandemico tra cui quelle alimentari ma non solo.
Un quadro negativo da cui emerge però la grande forza di volontà dei ragazzi che hanno dimostrato di avere gran voglia di ripartire e di ricominciare.
Le prime evidenze riguardano proprio alimentazione e sedentarietà: due aspetti “disordinati” già sotto osservazione da parte degli esperti perché considerati critici in età adolescenziale già prima della pandemia.
Un rapporto con il cibo e con il sonno “disordinato”
Disordine che ha riguardato il già non ottimale rapporto che gli adolescenti hanno con il cibo: ragazze e ragazzi hanno mangiato più del solito (52,6%) e in modo più disordinato (53,6%), ma anche e soprattutto il sonno. Infatti, se nel 2019 i ragazzi affermavano di andare a letto dopo le 23.00 (in periodo scolastico) il 28% degli adolescenti, oggi la percentuale è salita al 43% e supera il 63% tra gli studenti delle scuole superiori. Il 43,4% che ha affermato di aver dormito complessivamente meno del solito, mentre, un consistente 35% afferma di aver dormito di più.
Il problema principale è stato la distribuzione disordinata delle ore di sonno con molte meno ore di sonno notturne di notte (quando si dovrebbe dormire) e di più la mattina o nel corso della giornata. Una gestione del sonno disordinata che gli esperti chiamano “On-demand”, ovvero “dormo quando ho sonno”. Un comportamento certo non sano, caratteristico più del periodo di vacanza che del periodo scolastico.
Scendendo nei particolari delle abitudini alimentari un primo aspetto rilevante è quello della prima colazione, pasto fondamentale per regolare energie ed equilibrio della giornata che invece dai dati emerge sia sempre più snobbata e presa con meno regolarità dai ragazzi.
Un anno di lockdown e di scuola prevalentemente in didattica a distanza avrebbe quantomeno potuto avere come effetto collaterale positivo il consumo di una prima colazione adeguata, ma i dati evidenziano tutt’altro: se nel 2015 a fare la prima colazione tutti i giorni (o quasi) era il 66,2% degli studenti di terza media, oggi la percentuale è scesa al 52%.
E lo stare a casa per molti mesi, spesso anche con i genitori presenti, non è servito nemmeno a regolarizzare un po’ di più l’alimentazione nell’arco dell’intera giornata. Anzi, il 56% delle femmine e il 50% dei maschi ha affermato di aver mangiato in modo più sregolato del solito.
Come per il sonno gli esperti chiamano queste nuova abitudine una nutrizione “on demand”, cioè quando ho fame mangio qualcosa che spesso vuol dire prendere uno snack “spazzatura”.
Snack mangiati abitualmente come fuoripasto dal 78,4% degli adolescenti (dato 2018), oggi diventato l’82%, dove l’incremento maggiore è proprio tra chi afferma di mangiarli spesso (37,7% nel 2018 vs 43,2% oggi). Il risultato finale è che il 52,6% afferma di aver mangiato, nell’anno della pandemia, non solo peggio del solito, ma anche quantitativamente più del solito.
I ragazzi praticano ancora meno sport
A rendere più pesante la situazione è la mancanza di abitudine allo sport, mai stata una caratteristica peculiare degli adolescenti italiani.
I dati pre covid evidenziavano già un deficit quantitativo peggiorata con la pandemia che di fatto ha portato il 32% dei ragazzi ad affermare di aver fatto meno attività fisica rispetto al solito, mentre oltre il 38% addirittura non ne ha fatta proprio.
Un dato veramente allarmante se consideriamo che prima del covid era il 15% dei ragazzi a non praticare sport al netto delle due ore settimanali previste a scuola.
Dati che devono far riflettere, la sedentarietà è stata un fattore che gli adolescenti hanno dovuto subire a causa del lungo lockdown , ma dietro c’è anche un aspetto culturale da non sottovalutare.
Manca una cultura dello sport a tutti i livelli, mancano le infrastrutture per poterlo praticare bene a scuola e fuori scuola in maniera gratuita per tutti.
Spesso viene visto solo nell’ottica della competizione per abbandonarlo se non si ottengono i risultati voluti.
Cibo e sport devono viaggiare di pari passo, serve cultura e formazione per genitori e ragazzi.
La scuola può fare il suo ruolo parlando ed insegnando ai ragazzi i valori dello sport, l’importanza di praticarlo regolarmente insieme ad un regime alimentare sano ed equilibrato.