Mai come oggi la scuola è chiamata a confrontarsi non solo con l’educazione e la pedagogia, ma anche con la medicina, il diritto, l’economia, la politica. Rigide e infruttuose distinzioni o contrapposizioni allontanano dall’essenziale nel processo educativo: guidare le vite e le coscienze, includere e non escludere.
Per questo, bisogna ben ripartire posizioni e responsabilità e, soprattutto, essere animati dal desiderio di qualcos’altro: la ricerca di un’assoluta significazione dell’esperienza scolastica. Così, in questa emergenza epocale, sulla scia dell’entusiasmo di un cauto ottimismo, ogni docente dovrebbe esser messo nelle condizioni di poter dire: “Adoro insegnare… Di rado mi sento così bene come quando sono qui con le mie pagine di appunti, i miei testi sottolineati e persone come voi. Per me non c’è altro nella vita che valga l’ora di lezione.
A volte, quando siamo nel mezzo di una discussione – quando ad esempio uno di voi con una sola frase è arrivato al cuore del libro di cui si parla -, vorrei urlare “Amici miei tenetevi cari questi momenti !” Perché? Perché una volta usciti di qui accadrà di rado, se non mai, che qualcuno vi parli o vi ascolti nel modo in cui vi parlate e vi ascoltate fra voi e con me in questa stanzetta spoglia e luminosa” (PH. ROTH, Il professore di desiderio, Einaudi, Torino 2010).
Fernando Mazzeo
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